Bersani: “La nostra alternativa per il federalismo”
Il segretario del Pd chiude i lavori a MalpensaFiere. "Serve un governo di transizione per fare la legge elettorale e poi elezioni. Pensiamo a un nuovo Ulivo con le forze di centro sinistra"
“Prendiamo in mano noi la bandiera del federalismo”. E’ questa la chiave per leggere i due giorni di lavoro dell’Assemblea nazionale del Partito democratico a Busto Arsizio. Anche Pierluigi Bersani, nel suo discorso conclusivo (You Dem Tv), inizia e finisce da li: “Abbiamo un’idea diversa di federalismo: per noi è la via più efficiente per arrivare, attraverso l’autonomia locale, alla conquista di livelli uguali per i servizi essenziali”.
Alle 12.30 puntuali di sabato 9 ottobre il segretario del Pd prende per la prima volta la parola. “Cari dirigenti del Pd, è stata una bella Assemblea, noi siamo un bel partito e oggi facciamo un passo molto importante”. Dopo un primo e doveroso pensiero ai militari morti in Afghanistan, Bersani traccia una quadro impietoso della crisi economica e della situazione politica attuale. “La crisi politica e quella sociale si stanno avvitando in uno scenario mondiale che non è stabile. E noi siamo messi peggio degli altri”. La responsabilità, secondo Bersani, è anche “di un governo che si è limitato a mettere in atto una politica dissennata di semplice accompagnamento alla crisi. Berlusconi e Bossi sono partiti con un sogno: liberare energie del Nord per liberare le energie del paese. Ma il sogno è fallito e ci siamo allontanati anche dall’Europa”.
Non fa sconti alla maggioranza Bersani, anche se – rispetto agli interventi di Bindi e Letta – ripete meno il nome Berlusconi, grande “protagonista” dell’Assemblea. “Siamo gli unici al mondo ad aver dato una botta micidiale al mondo del sapere e della conoscenza. Abbiamo azzoppato il futuro, mettendo in campo una politica di distrazione e divagazione”.
Un contesto che da una parte vede “un Paese attonito” e dall’altra “la crisi del berlusconismo”. Ma attenti, avverte Bersani, perché “quell’uomo non se ne andrà sorseggiando una tazza di tè. La sua pulsione è finire in una crisi sistemica, perché se muore Sansone bisogna che muoiano anche i filistei”. Parole dure Bersani le ha riservate, come chi lo ha preceduto negli interventi, alla Lega Nord, l’altra grande “protagonista” di questa assemblea “al nord”: “Sta attaccata allo zio sperando di portargli via eredità e non vuole badanti di mezzo, ma ora è arrivato Fini”. Non nasconde Bersani che però è la Lega che dal 1994 ha visto crescere i voti, mentre al Nord il centrosinistra soffre. “Ha preso una deriva populista: c’è sempre un rom a cui correre dietro o una moschea da chiudere. E se distrai i cittadini poi non devo star li a discutere dei fatti veri, dell’aumento delle tasse o del federalismo vuoto. Ma ora basta, sono venuti a menare promesse e adesso anche la Lega si prende il suo: leggi ad personam, Cosentino, lo scudo fiscale. E noi metteremo i manifesti”.
E allora, riprendendo le parole di Rosi Bindi, “non ci sfugga il nostro compito: tocca a noi. Siamoal secondo tempo del berlusconismo, la fase più pericolosa: non c’è più la promessa, ma c’è la forza ideologica da usare”. Ancora una volta il segretario ribadisce quale deve essere secondo lui la strada: “Un breve governo di transizione per rifare la legge elettorale e poi andiamo a elezioni”.
Parla ai suoi in platea Bersani invitandoli a “non usare il tempo mediatico a disposizione per questioni interne”, ma anche ai futuri alleati. “Dobbiamo rivolgerci a tutte le forze che sono interessate a mettere al sicuro la nostra democrazia. Il nuovo Ulivo è il cuore del progetto per un nuovo governo”. Un progetto, chiarisce, “rivolto alle forze di centro sinistra che hanno attitudine al governo. Non si rifà l’Unione e si parla con chi è disposto a governare”. Ritorna più volte in questi due giorni lo spettro del secondo governo Prodi e Bersani rincara la dose: “L’Udc non si autodefinisce forza di centro sinistra, ma di opposizione: il nuovo Ulivo ha il dovere di discutere un patto di governo con tutte le forze di opposizione. Ma la nostra alleanza dobbiamo farla con l’Italia, non possiamo farci bloccare da questi discorsi”. E l’Italia a cui vuol far riferimento Bersani è quella dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei precari, delle donne e delle famiglie, degli agricoltori, degli immigrati (qui il video con le proposte del Pd).
Fra meno di due mesi il Pd “traslocherà” a Napoli “perché senza un risveglio del sud, non c’è possibilità. Dobbiamo muoversi e rimboccarci le maniche. A novembre avremo tre settimane di mobilitazione in tutta Italia: ognuno ci metta la sua fantasia. Li cercheremo di far valere il nuovo progetto: produrre idee, allearci con Italia e mettere la politica nella realtà. Se riusciamo, ma c’è ancora lavoro, avremo davvero un grande vantaggio competitivo”.
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