Gli industriali svizzeri: “I frontalieri ci servono”
Per gli imprenditori i lavoratori frontalieri sono indispensabili all’economia ticinese: «Senza di loro alcune attività non esisterebbero in Ticino»
«Ancora una volta bisogna ribadire quanto invece è già storia e dovrebbe essere ben chiaro a tutti, e cioè che i lavoratori frontalieri sono indispensabili all’economia ticinese». Continua a far discutere la campagna contro i pendolari. Questa volta a schierarsi a favore dei lavoratori italiani sono gli stessi imprenditori. L’Aiti, associazione industrie ticinesi, ha diffuso una nota precisando che «Senza questi lavoratori diverse attività economiche non sarebbero presenti sul territorio cantonale e non permetterebbero di creare posti di lavoro anche per i residenti. I lavoratori frontalieri inoltre pagano imposte in Svizzera e finanziano le nostre assicurazioni sociali».
La campagna mediatica di "Bala i ratt" ha portato quindi anche gli imprenditori ticinesi a prendere una posizione ufficiale: «I lavoratori frontalieri sono indispensabili all’economia ticinese e vanno sovente a coprire posizioni professionali non coperte da lavoratori residenti. In settori vitali della nostra economia quali l’industria, la costruzione, l’albergheria, la ristorazione e il settore sanitario, non poche attività non esisterebbero in Ticino senza la presenza dei lavoratori frontalieri, che contribuiscono infine a creare posti di lavoro anche per i residenti».
Fra i frontalieri, ricordano gli industriali, non ci sono solo lavoratori dipendenti ma anche diversi imprenditori «che hanno deciso di impiantare attività economiche in Ticino grazie alle quali comunque vengono pagate imposte e oneri sociali e vengono garantiti molti posti di lavoro anche a chi risiede stabilmente sul nostro territorio. Tanti lavoratori frontalieri possiedono pure qualifiche professionali medie ed elevate e contribuiscono anche grazie a questo ad elevare il grado di competitività delle imprese ticinesi, ciò che va infine pure a vantaggio del territorio cantonale e della sua popolazione. Non crediamo affatto che il cantone Ticino ci guadagnerebbe rinunciando alla manodopera frontaliera e ribadiamo senza timore di smentita che non sarebbe semplicemente possibile sostituire le migliaia di lavoratori frontalieri che ogni giorno varcano le frontiere per venire a lavorare da noi con personale qui residente. L’economia ticinese si sta sempre più internazionalizzando verso nuovi mercati nel sud est asiatico, nell’est europeo e nel continente americano e sta creando puntuali quanto solide relazioni a livello internazionale. E’ bene che questo aspetto, che presuppone la continuazione di quella tradizione e capacità elvetiche di saper promuovere il “made in Switzerland” anche attraverso la valorizzazione dei propri valori democratici, non venga dimenticato e dunque non venga mai meno. Questioni come quelle che riguardano il mercato del lavoro o la criminalità di origine straniera vanno affrontate senza indugi ma nella forma più seria ed opportuna».
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