Il fondatore di Antenna3: “Ho il cancro, ma non smetto di lottare”
Renzo Villa, il mitico conduttore dell'emittente che ha fatto la storia della tivù libera, lotta contro la malattia. Lo ha confessato a Telelombardia, ringraziando "i suoi angeli"
“Un giorno la paura bussò alla porta. lui si alzò, andò a vedere e non c’era nessuno”: Renzo Villa è sempre stato così, come la frase che in questi giorni cita, via email e faccia a faccia. Una persona che fa gesti mai sperimentati da nessuno: e anche la sua storia professionale racconta come abbia affrontato le avversità con coraggio, senza farsi spaventare da niente.
Ma l’intervista che il fondatore di Antenna Tre e suo patron nei tempi d’oro – in quelli insomma in cui l’emittente di Legnano dettava la storia della televisione privata e lanciava o rilanciava personaggi che poi ebbero fama straordinaria in tivù e oltre, come Massimo Boldi, Teo Teocoli o Giorgio Faletti – è stata di gran lunga la più difficile e la più dirompente della sua vita.
Alla trasmissione Happy Hour, in onda oggi 7 ottobre 2010 a Telelombardia, Renzo Villa ha infatti confessato di avere un cancro, e di lottare contro la morte. Anzi di avere «Un microcitoma, che contrariamente a quel che si può pensare è un cancro per niente piccolo, che al momento è incurabile: risponde alla chemio, ma al massimo può essere tenuto sotto controllo».
Lo ha detto con il suo solito sguardo piantato davanti alla telecamera, come se quell’obiettivo dovesse da un momento all’altro togliersi di mezzo per dargli la possibilità di parlare direttamente allo spettatore, a chi lo stava guardando in tivù come aveva fatto tanti anni prima e come non succedeva ormai da un po’ di tempo. Il fisico, un po’ provato, non lo era abbastanza da non riconoscerne la verve di sempre, e per un attimo chi seguiva il “Bingo” (la trasmissione da lui condotta per tanti anni, con ospiti come i Gufi o il Quartetto Cetra, Alberto Lupo o Anita Ekberg) come prima espressione di libertà di evasione dal giogo della Rai di allora, l’ha rivisto nel piglio, nello sguardo e nella sensazione che la tivù fosse la sua vera casa.
Villa ha raccontato come fosse doveroso per lui ringraziare quello che stanno facendo “gli angeli” dell’ospedale di Varese: «Mi domando se Varese sia un’isola felice, perchè qui io di malasanità non ne ho vista l’ombra, anzi. L’ospedale di Circolo è una struttura molto ampia: prima non la conoscevo, adesso lo so che dovete fidarvi. Io stavo scappando dall’ospedale, il primo giorno. Sono rimasto 20 minuti sul lettino, e stavo per rialzarmi. E invece sono stato fermato da un angelo. Era la dottoressa Ortelli, che è stata uno dei miei angeli insieme alle dottoresse Fioretti e Gambarini e a tutto il personale sanitario che ho incotnrato». Renzo Villa infatti, come tanti altri a cui capita questa sfida, sta lottando insieme ai medici per cercare di uscire dalla malattia che l’ha colpito e nella famiglia ma anche nel personale medico varesino ha trovato degli straordinari alleati.
Quando la giornalista che lo intervista invece ricorda Pietro Calabrese, morto di cancro a metà settembre, che aveva raccontato su una rubrica la storia della malattia del “mio amico Gino” lui risponde che: «C’è una differenza sostanziale, tra quello che sto facendo io adesso e lui. Lui non ha avuto il coraggio di dire che “l’amico Gino” era lui. E vi assicuro che ammetterlo è durissima»
E per rendere più chiaro il concetto ha spiegato: «Pochi giorni fa ho provato ad andare al mio paesello, a Germignaga, alla processione, per vedere quanto potevo reggere senza piangere, ce l’ho fatta, ma solo a malapena. Io non piango mai: l’ho fatto una volta sola, dopo avere saputo che cosa avevo, dopo avere sentito una canzone di chiesa che se non sbaglio si chiama “Su ali d’aquila”. Una canzone che ora ascolto tutti i giorni e tutti i giorni mi fa piangere. Però mia figlia non mi vede piangere, mia moglie non mi vede piangere. Perchè dovrei, forse perchè sto morendo? Ho settant’anni. Nella vita ho avuto ciò che volevo. Nessuno mi ha regalato niente ma ho avuto veramente tanto. Amavo il pubblico, lo amo tuttora: se riuscite a guardarmi negli occhi, lo vedete. E quello che voglio dirvi è che la vita è bella».
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