Bergamaschi: “Vorrei rimanere a Varese”

Il direttore generale dell'azienda ospedaliera di Varese, alla fine del suo mandato, ha risposto nella diretta televisiva alle domande dei lettori. Tempi di attesa, strutture di riabilitazione, hospice, ospedale del Ponte, rapporti tra sanità e politica, Cuasso, nomine dei primari, i temi affrontati

Walter Bergamaschi, direttore generale dell’azienda ospedaliera di circolo, è alla fine del suo mandato. Un bilancio di questi tre anni lo ha tracciato nella diretta televisiva di Varesenews tv , sottoponendosi alle domande della giornalista Alessandra Toni e dei lettori che si sono collegati in streaming alla diretta.
Iniziamo dalla notizia vera e propria: Bergamaschi vorrebbe rimanere a lavorare a Varese. «Mi piacerebbe restare per un altro mandato. Personalmente è stata un’esperienza travolgente. Ho sempre lavorato in sanità, ma  l’ospedale mette alla prova la parte razionale e quella emotiva. È una sfida umana unica, entusiasmante, faticosissima. Il bilancio per me è positivo e spero sia lo stesso anche per i lavoratori dell’ospedale e per i pazienti che mi lasciano l’idea di una sanità che vorrei» ha detto il direttore dell’azienda ospedaliera. Dichiarazione che si accompagna a un giudizio positivo sul lavoro fatto e soprattutto ai rapporti con al città e i lavoratori della struttura ospedaliera . «La qualità del nostro personale medico e infermieristico è riconosciuta non solo a Varese. Vorrei ringraziare i quattromila dipendenti dell’ospedale perché fanno un lavoro importante che viene vissuto con impegno e partecipazione. Spero che in questi tre anni la distanza tra loro e l’ospedale si sia ridotta. La città, poi, ha dimostrato di avere un’attenzione forte al suo ospedale, c’è un controllo sociale continuo che ti dà la percezione di avere gli occhi puntati addosso, ma allo stesso tempo ti dà un sostegno, non ti fanno sentire solo. Penso che sia uno specifico di questa provincia: l’ospedale è percepito come un patrimonio importante e questo è il motivo per cui si vuole fare una fondazione».
 
Sanità e politica – «Il sistema sanitario – ha detto Bergamaschi – è un ottimo modello perché prevede che tutti i cittadini vengano assistiti e il sistema va finanziato con le tasse. È la Costituzione che  rende il sistema sanitario anche politico. I direttori generali, che non devono essere per forza medici e io non lo sono, devono essere iscritti in un albo sia dato che verifica a priori che i nominati debbano avere una certa capcità professionale e da questo registro di persone idonee la regione scegli chi nominare. Quindi i direttori, devono saper amministrare bene e i cittadini devono valutare il sistema sanitario nel momento in cui vanno a votare».
Bergamaschi è alla prima esperienza come direttore generale di un’azienda ospedaliera, prima è stato il direttore generale del  sistema informativo del ministero della sanità. «Mi ritengo un tecnico che condivide il modello sanitario della Regione e ne applico gli indirizzi. Non sono iscritto a nessun partito o movimento: Pdl, Lega Nord o CL».

Nomine dei primari
– «Non siamo “Alice nel paese delle meraviglie”, come ha detto il giornalista Gianni Spartà. Le segnalazioni della politica ci sono e ci sono sempre state, ma quando ci sono contenuti forti queste pressioni si riescono a governare e nella mia esperienza i contenuti ci sono sempre stati. Io ho nominato circa dieci nuovi primari e quindi mi assumo la responsabilità. Sono persone di grande professionalità e per la loro nomina ho sempre guardato i curriculum e ascoltato i giudizi della commissione tecnica. Smentisco che si usa il manuale Cencelli».
 
Monoblocco e terapia intensiva – «In terapia intensiva ci sono oggi disponibili una decina di posti letto e noi vorremmo dedicarli a quei degenti che non sono ancora pronti per rientrare in reparto. Certo non è facile, il motivo principale del ritardo è che mancano le professionalità si fatica a trovare anestesisti e a garantirne i turn over. Nel 2011 riusciremo a raggiungere il risultato.
 
I letti di sollievo – «Varese è stata la prima realtà che li ha sperimentati permettendo di liberare posti letto che hanno un costo di gestione importante e devono essere rivolti a i casi più gravi. Questo è il modo a cui il nuovo piano sanitario regionale si sta ispirando. Si cerca  di ridurre al minimo la degenza e attivare una serie di servizi di contorno che possono accompagnare il paziente. È la sfida del futuro perché siamo di fronte a una popolazione che invecchia sempre di più e va incontro a patologie croniche. I soggetti che erogano l’assistenza diventano tanti: riabilitazione, hospice, letti di sollievo. Insomma, occorre accompagnare il paziente»
 
L’hospice – «L’apertura di questo reparto è la cosa più bella accaduta nei tre anni del mio mandato perché ha riaperto il rapporto tra l’ospedale e la città: abbiamo ricevuto molte lettere dei pazienti e tante  piccole donazioni. La persona nel nostro hospisce si sente ospitata non solo perché è un luogo di cura ma anche perché l’ospedale è luogo di carità».
 
Tempi per esami e visite – «Quest’anno abbiamo fatto passi significativi sui tempi di attesa ambulatoriale e anche delle prime visite. Partivamo piuttosto male, l’indice di sforamento piuttosto elevato rispetto agli indici regionali, oggi abbiamo recuperato. Una vista di controllo va sempre prenotata quando nasce l’esigenza del controllo e non a ridosso della data di quando è prevista. Bisogna educare anche un po’ i pazienti»
 
Ospedale del bambino è troppo defilato rispetto al Circolo – «Questa polemica l’ho sentita pochi giorni dopo la mia nomina ed era il risultato di discussioni che si portavano avanti da 20 anni. E’ venuto il momento di fermarle queste discussioni. La polemica non è peregrina: oggi c’è la necessità di spostare i pazienti dall’Ospedale del Ponte al Circolo per alcune specialità mediche . Il nuovo progetto prevede una vera autonomia per gli tutti gli aspetti materni infantili e quindi gli spostamenti dei piccoli pazienti saranno ridotti al minimo. Servono percorsi differenti per la salute del bimbo e della madre se si vuole fare un presidio di riferimento. La sfida va ancora vinta. Se la perdiamo è colpa mia, altrimenti abbiamo vinto tutti».
 
Cuasso: qual è il destino di questa struttura?- «Discussione anche questa ciclica. I dati di realtà dicono che non abbiamo risorse e spazi per poter trasferire una riabilitazione in altri presidi ospedalieri. Oggi Cuasso è il presidio presso il quale si svolge la riabilitazione e pubbica di buona qualità . E’ partita una terapia di assistenza domicialire per 300 malati cronici ai polmoni. I lavori edilizi si sono fermati perché la ditta, che aveva vinto l’appalto, non è riuscita a concluderli ed è  stato necessario interrompere il contratto. E poi c’era da verificare la tenuta sismica del presidio. I rilievi fatti sembrano positivi sulla tenuta statica della struttura. Fino a quando la politica non individua una nuova sede, non sfugge a nessuno che la dislocazione di Cuasso è un problema».
 
Nefrologia – E’ l’ultimo reparto rimasto nel vecchio ospedale. «Il nuovo day center prevede un reparto dedicato alla dialisi, i lavori sono partiti c’è un cronogramma che prevde due anni per la conclusione dei lavori».

Tempi di attesa al pronto soccorso
– «Ci sono stati dei miglioramenti dovuti allo sforzo fatto da tutto l’ospedale. Nessuno ha la bacchetta magica e nessuno puo’ controllare un afflusso così diversificato nel tempo. Abbiamo lavorato giorno per giorno per limitare il numero delle persone in attesa. Il ricorso all’emergenza in tutta la regione, molto spesso, è inappropriato. Vorremmo riuscire a migliorare ulteriormente il tempo di permanenza del paziente che non deve essere ricoverato».

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Pubblicato il 18 Novembre 2010
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