Abdul e Pasquale, insieme per i diritti degli operai

Uno accanto all'altro: il primo dal Ghana, l'altro da Caserta. Nel lavoro e nel sindacato hanno trovato un ruolo sociale

Abdul Rahaman e Pasquale Chierchiello vengono, in modo diverso, da lontano: uno è arrivato dal Ghana vent’anni fa, l’altro dal casertano. Le loro storie s’incrociano qui, in una terra che per tutti e due è stata di adozione: Abdul e Pasquale sono i due delegati sindacali Fim Cisl dell’Acsa, una grande fabbrica metalmeccanica di Oggiona Santo Stefano. «Io vengo dal casertano, sai da dove? Dalla celebre Casal di Principe», spiega Pasquale. E il suo collega ghanese ricorda il suo arrivo in Italia: «Casal di Principe è stato uno dei primi posti dove ho abitato», dice ricordando i giorni di ventun anni fa quando arrivò in Italia. «Era il 1989, sono arrivato dal Ghana in aereo a Palermo. Da lì sono stato prima a Napoli, poi a Casal di Principe, appunto. Sono stato clandestino anch’io, ma per poco: con la legge Martelli nel 1990 ho ottenuto la regolarizzazione e sono salito al Nord». La stessa strada percorsa dall’armata della fame, nel dopoguerra: gente che dal Centro e dal Sud Italia è venuta a cercare non solo il pane, ma anche il riscatto sociale.

 
Pasquale e Abdul hanno trovato lavoro, ma anche un ruolo: si sono impegnati nel sindacato, in modo diverso, ognuno con il suo approccio. Oggi rappresentano i loro colleghi di fabbrica: «Alla Acsa siamo in 227, una settantina sono stranieri. In totale hanno votato in più di 150» raccontano. Abdul con 36 voti è il più votato in assoluto, Pasquale invece è stato il secondo più votato della Fim-Cisl. E oltre ad Abdul era in lista anche un altro lavoratore straniero, per la Fiom Cgil. «In fabbrica – spiegano – lavoriamo uno a fianco all’altro, c’è un ottimo rapporto tra noi, ci chiamiamo fratelli». Il problema forse è portare quest’esempio fuori dai capannoni, costruire integrazione e spazi democratici anche fuori dai luoghi di lavoro. Perchè il problema in realtà rimane: gli stranieri lavorano e votano in fabbrica, ma sono a mala pena tollerati quando vogliono riunirsi, abitare gli spazi e sono ancora in grandissima parte esclusi dalla partecipazione alla vita civile, a partire dal diritto di voto.
Dalla fine degli anni Sessanta l’impegno sindacale uscì dalle fabbriche, sostenne la rivendicazione dei diritti sociali: la casa, la sanità pubblica, l’istruzione per gli operai con le 150 ore. Oggi succede lo stesso, anche se i protagonisti sono cambiati, i lavoratori non vengono più dal Sud e dal Veneto, ma dall’Africa o dall’Asia: per questo la Fim Cisl vuole allargare il suo ruolo, per promuovere integrazione e intercultura, anche a servizio della società: per questo ha lanciato un progetto dedicato agli stranieri.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Dicembre 2010
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