Alla tv svizzera parla l’uomo della ‘ndrangheta di Ponte Tresa
Il prossimo 16 dicembre andrà in onda sulla Rsi l'intervista al pentito Felice Ferrazzo, capo tra il '90 e il 2000 della cosca di Mesoraca che aveva basi stabili a Lavena Ponte Tresa e Zurigo
“ Io ero il capo di un gruppo di dieci persone. Magari dicevo, non so, dobbiamo andare li’ a fare una rapina e loro dicevano, va bene, andiamo! Prendevamo la decisione che quello doveva morire ed era morto.” Chi parla è Felice Ferrazzo, 55 anni, ex capo della cosca di Mesoraca, una piccola ma potente famiglia della ‘ndrangheta calabrese, nella provincia di Crotone. Per quasi dieci anni dal 1990 al 2000, Felice Ferrazzo fu il padrone assoluto in una zona dove si è combattuta una delle guerre di mafia più sanguinose ma è tra il Ticino e il Varesotto che si è fatto conoscere insieme al fratello Mario Donato poi diventato suo nemico giurato grazie ad una spola ininterrotta dai primi anni ’90 almeno fino al 2003 di armi che arrivavano dalla Svizzera e andavano in Calabria contro droga (cocaina) che dalla Calabria arrivava a Ponte Tresa dove in parte veniva spacciata mentre la restante quota parte andava in Svizzera.
Sotto il suo comando la famiglia Ferrazzo entrò nei traffici della cocaina, delle armi e del riciclaggio grazie ai rapporti che il boss seppe imbastire con il Nord Italia (Lavena Ponte Tresa) e la Svizzera, dove costruì due finanziarie per il riciclo dei capitali sporchi. Oggi Felice Ferrazzo è collaboratore di giustizia e grazie alle sue testimonianze i magistrati italiani e svizzeri hanno potuto iniziare a capire i meccanismi più segreti dell’Ndrangheta, la sua organizzazione e le sue ramificazioni internazionali.
Giovedì 16 dicembre (RSI LA 1, alle 21.00) Il settimanale di approfondimento della Radiotelevisione della Svizzera Italiana “Falò” presenta un documentario che ricostruisce la storia di Felice Ferrazzo, attraverso il suo racconto. E’ la prima volta che un boss della ‘ndrangheta del livello gerarchico di Ferrazzo accetta di parlare di sè in una lunga intervista.
L’ex capo ‘ndrina di Mesoraca racconta a tutto campo, dalla sua infanzia, alla famiglia, dall’emigrazione in Svizzera, nel Canton Ticino, al ritorno in paese con l’affiliazione, l’ascesa fino alla sua nomina alla testa della cosca. Nel racconto, semplice e crudo, emerge una realtà culturale e sociale in cui la violenza e il potere mafioso diventa la banalità del male e della violenza, ai quali quale nessuno sfugge né in Italia né in Svizzera. Il documentario parallelamente racconta anche il lato opposto della quotidianità mafiosa, quello vissuto dagli amministratori calabresi che si oppongono al potere della ‘Ndrangheta, riconquistando alla legalità beni di proprietà delle cosche. Oppure chi si oppone alla stessa “cultura della violenza” come l’associazione antimafia Libera e le cooperative agricole di Libera Terra che tentano di strappare le nuove generazioni ad un destino criminale per costruire un solido futuro di speranza.
“L’onore del sangue” intreccia questi racconti, per offrirli come due inscindibili e volti di un’unica drammatica realtà.
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