Armocida: “Le malattie? Rampanti, dimezzate o inesistenti”
Giuseppe Armocida, ordinario di storia della medicina all'università dell'insubria
Le malattie di questi primi dieci anni? E quelle di tutto il secolo scorso? Ci sono davvero novità? Ci sono nomi nuovi per malattie vecchie, nuovi modi di presentarsi di malattie vecchie o davvero possiamo ammalarci di malattie nuove? Oppure non è cambiato niente? Un secolo che inizia, che aspira ad una propria identità, è giusto che interroghi anche la medicina, ma un medico prudente chiederà tempo prima di rispondere a certe domande. E poi, però, riflettiamo un poco e chiediamoci se queste sono domande giuste. Dove sono e cosa sono le malattie senza gli ammalati? Perché allora, se ragioniamo così, qualche certezza possiamo averla davvero: sono nuovi gli ammalati.
Non sono più così pazienti e rassegnati di fronte alla malattia, non sono più tanto ubbidienti e fiduciosi nel dottore come quelli di cento anni fa. Ma sono nuovi anche i medici. Sono molto più ricchi di conoscenze e di strumenti per curarci. Sanno rispondere al nostro pretendere una diagnosi per ogni disturbo ed hanno saputo allargare a ventaglio l’elenco delle tante malattie che ciascuno può incontrare, volente o nolente. Sì, anche "volente", perché qualcuno comincia a dirci che "non ammalarsi" è un "dovere" del cittadino e che i comportamenti virtuosi (non fumare, mangiare sano, andare in palestra e poi e poi…) ci salveranno. Ma in verità il non ammalarsi mai è un miraggio, una chimera nell’irraggiungibile, un pensiero ingenuo di chi si inganna pensando che in natura si possa anche morire sani. Le malattie hanno loro stesse una identità misteriosa che la medicina non ha ancora saputo penetrare e spiegare bene, perché forse è impossibile rivelare i misteri. I misteri della malattia e dell’ammalarsi sono specchio dell’altro mistero del poter vivere sani. E allora che dobbiamo pensare oggi delle malattie?
Personalmente ho maturato la convinzione che le malattie si possono classificare anche orecchiando la trilogia degli aggettivi del Barone, del Cavaliere e del Visconte di Italo Calvino e dunque mi permetto di pensare a malattie "rampanti", malattie "dimezzate" e malattie "inesistenti". Ho visto davvero in questi ultimi anni delle malattie rampanti che hanno fatto una brillante carriera con notevolissimo successo, passando da poche righe nei trattati specialistici alla più vasta e generalizzata notorietà e mi basterebbe pensare all’Alzheimer, ma pure sono rampanti il Disturbo di attacco di panico, il Reflusso gastro esofageo, le Apnee notturne, la Celiachia e via via dicendo. Dove erano prima? E dove son finite, invece, certe malattie dimezzate: la vecchia Isteria, la Gastrite di noi studenti in prossimità degli esami, ecc. ecc.? Quasi non se ne parla più, eppure una volta c’erano e ci assillavano. Ed andiamo infine alle malattie "inesistenti". Esistono, per esempio, le malattie inesistenti di molte persone che soggettivamente soffrono disturbi, ma passando per tanti specialisti non trovano la soddisfazione di una diagnosi: il "malato immaginario" o al meglio lo "psicosomatico". Vero? Ma abbiamo anche malattie inesistenti di più angoscioso impegno: le malattie di chi non sa di essere malato, di chi vive, lavora, riposa, si diverte e si arrabbia nella vita e che passando per caso attraverso qualche banale controllo di diagnostica per immagini o di laboratorio, anche se si sente bene e non dubita affatto della sua buona salute, trova le inaspettate parole di un medico che segnano la sua sorte.
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