È Natale: sono tutti più cattivi

Troppe rapine in poco tempo: sotto festività tende a crescere il numero dei reati

Siamo sotto festività e un’ondata di "buoni sentimenti", per fare del sarcasmo, si riversa sulla bassa provincia. Rapine a colpi di calcio di pistola in testa e non, una dietro l’altra; funzioni fisiologiche espletate in luoghi deputati all’elevazione dello spirito; e via elencando. In apparenza normale cronaca di una zona urbanizzata pesantemente, parte della megalopoli padana, partecipe delle dinamiche sociali (e in questi casi, antisociali) della Grande Milano. Una criminalità cronica, antica: quella dei tossicodipendenti in cerca dei due-trecento euro per tirare avanti ancora un giorno; oppure di balordi senza speranza, che non conoscono che questi metodi per guadagnarsi il pane a spese altrui. Sbandati, senza dimora, clandestini: l’altro volto della società che non riesce a integrare tutti, pur cercando di farlo con buona volontà, almeno in alcuni suoi settori; spesso persone che non ci tengono assolutamente ad essere "inquadrate", disciplinate, irreggimentate in una società che vedono solo come preda, o come cacciatore quando indossa una divisa. Oppure come estraneo, altro, fastidio.

Certo sentire ribadire che sotto Natale i crimini si moltiplicano perchè l’attesa è che le casse degli esercizi siano più piene dà tutta un’altra dimensione al discorso sulla criminalità, "micro" e non. "Micro" sarà il vetro rotto o le elemosine rubate in chiesa, non certo le coltellate tra ubriachi o le rapine pistola in pugno. La sicurezza è un argomento delicato, chi è preposto a tutelarla fa i migliori sforzi ma non sempre i mezzi sono del tutto adeguati, e anche potenziando gli organici come fatto in qualche caso, con gran pubblicità, negli ultimi tempi, non si può essere ovunque contemporaneamente. Riuscire ad acciuffare un ladro, un rapinatore, non è facile nemmeno oggi, anche con l’ossessione di telecamere ovunque che identificano tutti, tranne i malintenzionati che sembrano capacissimi di passare inosservati.

Sulle ragioni della persistenza di fenomeni criminali gli esperti della materia potrebbero scrivere volumi, con acute considerazioni sociologiche e fini analisi delle condizioni del sistema economico: noi, umili cronisti di provincia, ci limitiamo a scarni articoli. Cercando semmai di ricordare, quando ci si lamenta dei tempi, "perchè una volta non era così, certe cose non succedevano", che non è vero, anche quella è un’illusione. La cronaca di trent’anni fa, in tempi di terrorismo allo stato brado e di generazioni devastate dall’eroina, era molto più violenta. Quello che si è fatto più acuto nel frattempo è il ripudio della sopraffazione, la sensibilità e un’istintiva empatia per le vittime: questo è un segnale incoraggiante, che non ci parla solo di una popolazione mediamente più anziana, e dunque più impaurita, ma anche di un qualche progresso etico. Paradossale in una società che mostra quasi solo il peggio di sè in televisione, ritiene d’aver perso molti dei suoi valori, e custodisce con occhi di falco quelli da tenere in cassaforte.
L’augurio, ovviamente, è che finisca qua, per un Natale sereno: c’è la crisi, ancora adesso, le vacche grasse difficilmente si rivedranno per anni. Bisognerebbe spiegarlo anche ai banditi: ma è proprio quando ci si improverisce che quelli si incattiviscono davvero. E diventano lo specchio distorto della società che li ha partoriti, e in cui non hanno saputo o voluto integrarsi.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Dicembre 2010
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