Giulio Cavalli: “Saviano sulla Lega sbagliava”

L'attore e consigliere regionale lodigiano è intervenuto a Villa Tovaglieri per presentare il suo libro "Nomi, cognomi e infami". Smitizzare e irridere i boss, lavorare sulle scuole e nelle istituzioni la sua ricetta antimafia

Giulio Cavalli, consigliere regionale per l’Italia dei Valori e attore impegnato sul fronte dell’antimafia, ha presentato venerdì sera a Villa Tovaglieri il suo volume "Nomi, cognomi e infami" sulla penetrazione a tutti i livelli della malavita di stampo mafioso in Lombardia. Originario del Lodigiano, il 33enne Cavalli, che vive da tempo sotto scorta per le minacce ricevute («ho scritto il libro per mettere ordine nella mia vita degli ultimi quattro anni»), è stato eletto in consiglio regionale la scorsa primavera. Una posizione delicata la sua, tra ruolo istituzionale, palcoscenico artistico, testimonianza, soprattutto nelle scuole, perchè è dai ragazzi che si deve partire, insiste. A Busto era, precisava, da attore e scrittore, non da esponente politico: «per fortuna ho un lavoro, a differenza di altri politicanti».

– Ridere della mafia

Come sempre Cavalli parte dalla smitizzazione dei boss. Di mafia bisogna saper anche ridere: alla fine, pure i temuti capi dei capi, con la loro ferocia, sono esseri umani con e loro debolezze e vizi. Metterli in piazza, alla berlina, in ridicolo, come ha fatto con lo spettacolo "Do ut des", è un modo di demolirne l’aura di onnipotenza. La mafia è pur sempre un fatto umano, per quanto agisca in modo disumano. La mafia è qui, quassù al Nord, ci ha sempre ricordato Cavalli. Ci è vicina di casa e non lo sappiamo: le minacce, da Gela – «dove di mafie ne hanno addirittura due: Cosa Nostra e la Stidda», e qualcuno, legato a famiglie come i Rinzivillo e gli Emanuello, ricordava Cavalli, ha pensato bene di "mettere su bottega" proprio qui a Busto – a Cavalli sono state recapitate a casa, nella primavera 2006, in quel di Tavazzano. E anche sulle più recenti e "calde" inchieste e processi, come Bad Boys, Cavalli avverte: attenti, ci sono già nuovi referenti sul territorio.

– Cavalli "bacchetta" Saviano sulla Lega, ma…

Su questo punto un interessante scambio di battute, proprio alla fine dell’incontro, va a toccare uno dei punti di scontro politico delle ultime settimane.  Il commissario cittadino del PdL Emanuele Antonelli era tra il pubblico: nel suo intervento, a Cavalli osservava che «Anche noi sappiamo bene che la mafia al Nord c’è». «Lo so» replicava Cavalli, «il problema è che troppo spesso queste serate coinvolgono solo chi già sa». Il "mezzo" non è neutrale, una saletta da quaranta posti non è la platea di una trasmissione televisiva da nove milioni di spettatori: per questo, quando fu Roberto Saviano (due personaggi, due modi diversi di condurre un’unica battaglia antimafia) a puntare un dito contro l’insediamento mafioso al Nord citando anche la Lega, per un singolo caso privo di rilevanza penale, fra i potenziali contatti della ‘ndrangheta, l’ira del Carroccio esplose ai piani alti, con lo stesso ministro degli interni, il varesino Roberto Maroni. Cavalli, va detto, non difende affatto il modo in cui Saviano ha tirato in ballo il partito di Bossi. «È un falso storico che la ‘ndrangheta cerchi l’appoggio della Lega, certo poi l”eccesso di difesa’ del partito mi ha posto più interrogativi di quanti non ne avessi già. Del resto, quando proietti un’immagine di una regione "pulita", quando hai un approccio pubblicitario alla politica, coltivi anche l’indifferenza». Cavalli ricorda positivamente, in fatto di leghisti, la figura del lonatese Modesto Verderio, tra i primi sul territorio a far presente il problema.

La lotta antimafia? Si fa nelle istituzioni

In regione si lavora a una legge quadro antimafia che, dal nome del giovanissimo relatore, dovrebbe essere chiamata "legge Bossi": è proprio Renzo, l’erede dell’Umberto da Cassano Magnago. «È molto complessa questa legge. A monte, il decreto Maroni, in sè ottimo, prevede che i subappalti siano tutti di evidenza pubblica, ma al 90% tuttora non viene applicato. Si arriva quasi all’assurdo di creare una legge per farne rispettare un’altra…» Il piano legislativo è fondamentale: la lotta al crimine organizzato si fa su quello culturale, come fa Cavalli nelle scuole e «facendo spettacoli non sulla mafia, ma contro la mafia», ma prima di tutto in Regione. «Bisogna portare allo scoperto la politica, far prendere una posizione, far votare sui provvedimenti, è lì che si vede da che parte stai».

– "Destra o sinistra non importa", basta che ci facciano fare le rotonde…

Tra i tanti miti di cui liberarsi c’è anche quello che alle mafie piacciano particolari parti politiche. La malavita non ha ideologia: si adatta alle realtà che trova, e se scova alleati o gente disponibile, ben vengano anche amministrazioni "di sinistra". Al proposito citava una intercettazione di un personaggio tuttora latitante come Vincenzo Mandalari, che definiva «statista» della ‘ndrangheta lombarda. Il succo era: «destra o sinistra che ce ne frega, l’importante è che ci fanno fare le rotonde». Sul caso particolare Cavalli ricordava, curiosamente, proprio quella Bollate da cui proviene, segnato da un’esperienza difficile e pesante, l’uomo che il centrosinistra vuole per candidato sindaco di Busto: Carlo Stelluti. Sulle cui vicende Cavalli è prudente, ma qualcosa ci dice: «Quello è un uomo che avrebbe tutto il diritto di avere della bile (per come è finita ndr), ma è portatore di una dignità molto misurata. In generale, servono politici, ma anche forze dell’ordine, che vengano qui senza farsi l’idea di essere in un territorio vergine».

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Pubblicato il 11 Dicembre 2010
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