Valutazione ambientale strategica, associazioni contro il Comune
Il TAR Lombardia ha condannato il Comune a produrre i documenti richiesti dalla campagna "Una VAS per Busto Arsizio": ma nemmeno così vi è stata risposta. I proponenti pronti a un secondo ricorso
Torna in campo il duo Rossi-Caimi di "Una VAS per Busto Arsizio", spalleggiato da Verdi e Legambiente: e lo fa come sempre puntando il dito contro le magagne del Comune in fatto di comunicazione, e trasparenza relativamente alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS). La quale, inserita da pochi anni nei vari livelli di legislazione, dalle direttive europee fino alla legge nazionale e regionale, dovrebbe servire a migliorare la qualità di piani e progetti e in particolare il loro inserimento nel contesto urbano e appunto ambientale.
Presso la sede bustocca di Legambiente Vitaliano Caimi e Alberto Rossi, insieme a Giuseppe Bruno dei Verdi e Andrea Barcucci presidente del Cigno Verde bustese, hanno denunciato le mancate risposte di Palazzo Gilardoni non solo e non tanto a loro, ma addirittura ad una sentenza del TAR Lombardia, che il 2 dicembre scorso, dietro ricorso dei due, ha condannato il Comune di Busto Arsizio.
La vicenda è complicata e merita di essere ripercorsa dall’inizio.
Il 31 maggio 2010 Caimi e Rossi chiedono al Comune di poter accedere agli atti relativi alla VAS (la comunciazione di avvio della VAS, i verbali e i pareri espressi e i provvedimenti di esclusione) per tre progetti edilizi: Soceba (il grosso intervento di piazza Vittorio Emanuele II e via Solferino, con autosilo e, abitazioni e negozi, già avviato); Speranza (all’angolo tra la stessa piazza e via Borroni, di là dal partire); Maddalena (in pieno centro storico a Sacconago, all’imbocco di via Bellotti, anche qui non ancora partito). Tutti piani integrati d’intervento (PII), strumento possibile solo fino all’adozione del Piano di Governo del Territorio (PGT), supportati da apposite delibere di adozione e approvazione, votate dal consiglio comunale tra il 2008 e il 2009. Un passaggio di VAS dovrebbe essere previsto per legge in tutti questi interventi, foss’anche per escludere l’approvazione della procedura nella sua integralità: ma solo in due delle delibere, Maddalena e Speranza, insistono Caimi e Rossi, lo si cita, come soggetto a provvedimento di esclusione. Senza peraltro che fossero stati effettivamente compiuti i passi del caso, dicono. Già a fine 2009 i due avevano sollevato sospetti sulla regolarità degli atti. Il problema è sempre quello: le procedure di individuazione dell’autorità competente per la VAS dovevano precedere quelle delibere.
Da qui si dipana il resto della vicenda. Alla domanda di accesso agli atti del maggio scorso seguì, secondo la ricostruzione degli interessati, un incontro il 21 giugno fra Alberto Rossi e Barcucci, accompagnati da un legale da una parte, e il vicesindaco e assessore all’urbanistica Giampiero Reguzzoni, il quale, dopo aver detto di non essere al corrente della questione, avrebbe assicurato un proprio intervento presso gli uffici.
Il 16 luglio, passati i 30 giorni a disposizione dalla richiesta, la Campagna Una VAS per Busto Arsizio, il Nucleo Teatro dell’Oppresso, Verdi e Legambiente facevano ricorso al TAR Lombardia per violazione da parte dell’amministrazione delle vigenti leggi in materia di accesso agli atti (in particolare legge 241/90 e dlgs 195/05). Ricorso che si conclude con la condanna, il 2 dicembre, del Comune di Busto Arsizio. Che deve, per ordine del tribunale amministrativo, mostrare gli atti richiesti, o in alternativa, "se questi non esistenti, come afferma la difesa, le relative informazioni richieste". A due mesi di distanza, non ha fatto nè l’una cosa nè l’altra, anzi rimarcano Caimi e Rossi; non ha neppure fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza sfavorevole, «con ciò riconoscendone implicitamente la legittimità».
Le riflessioni di Caimi e Rossi, insegnanti e liberi cittadini, sono dure. «Per vedere tutelare il nostro diritto di accedere agli atti abbiamo dovuto spendere cifre non indifferenti di tasca nostra, ricorrendo al TAR» commentano «il quale ci ha dato sì ragione, ma disponendo la compartecipazione delle spese, presumiamo per non far gravare la vicenda sulle tasche dei cittadini bustesi. Giustizia vorrebbe che a pagare di tasca propria siano invece i responsabili ultimi di questi comportamenti, evidentemente non attribuibili ad errori umani ma determinati dalla volontà di qualcuno di nascondere la verità».
Secondo Caimi e Rossi Palazzo Gilardoni in questa vicenda «non rispetta le direttive europee e nazionali sull’accesso agli atti amministrativi; non riconosce l’autorità giudiziaria, non avendo esguioto nei tempi previsti la sentenza di condanna del TAR; ha ormai perso qualunque credibilità in materia di promozione della partecipazione dei cittadini e delle associazioni alle scelte urbanistiche, prescitta dalle leggi vigenti, in quanto non garantisce nemmeno l’informazione e la trasparenza dei processi che ne constituiscono fondamentali requisiti» a partire proprio dalla VAS.
I prossimi passi da muovere a questo punto sono: stasera stessa, la convocazione di quei consiglieri comunali che vorranno avere la pazienza di farsi rispiegare quanto sopra, perchè ne prendano conoscenza e ne chiedano conto; un secondo ricorso al TAR, sempre a spese dei proponenti, nel quale si chiede tra l’altro la nomina di un commissario ad acta che provveda, laddove l’amministrazione ancora non l’abbia fatto («si, e ci, risparmierebbe ulteriori spese»), a fornire la documentazione, o in mancanza di questa, le informazioni richieste.
«La stessa amministrazione davanti al TAR afferma che per i tre piani integrati non è stato effettuato alcun procedimento di VAS» dicono Caimi e Rossi. «Ma allora nelle delibere dei PII Maddalena e Speranza è stato scritto il falso: per incompetenza, o per altro?».
La filippica si conclude con quattro domande rivolte all’amministrazione, e in particolare al vicensindaco in quanto assessore alla partita.
1) «Perchè l’amministrazione nel giugno 2010 non ha risposto alla nostra domanda di accesso agli atti, anche solo dicendoci che non c’erano, come poi ammesso dinanzi al TAR?»
2) «perchè non ha ottemperato alla sentenza di condanna giuntale dal TAR?»
3) «perchè non ha fatto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza ad essa sfavorevole?»
4) «Cosa c’è dietro questa vicenda? Chi ha scritto o fatto scrivere il falso nelle delibere consiliari di adozione dei PII Maddalena e Speranza?»
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