Il tumore al seno non deve far paura
Primo corso all'ospedale di Circolo della Società italiana di senologia. Civolti gli infermieri, il personale che segue da vicino e supporta il paziente
La senologia varesina ha conquistato un ruolo nel panorama nazionale. È questo il senso del corso che si è svolto questa settimana all’ospedale di Circolo e che ha coinvolto le infermiere provenienti da diverse aziende del territorio e no. Per la prima volta, la Società di Senologia italianaha organizzato un corso a Varese. Un riconoscimento per un lavoro che ospedale e università, supportati dal mondo del volontariato e dall’Associazione Caos in particolare, stanno portando avanti.
Il corso era dedicato a chi si trova in prima linea vicino alla paziente, raccogliendone gli umori, le paure e aiutandola ad affrontare il percorso terapeutico. Diverso il vissuto di ciascuna delle presenti in aula.
«La comunicazione è fondamentale perché la donna ha bisogno di essere ascoltata e compresa. Il momento della consapevolezza è tragico e lì bisogna intervenire per far capire che lungo il cammino non si è mai soli. Tanti sono gli step ma tutti sostenuti da una guida sempre presente».
Presa in carico, assistenza e comunicazione sono le linee guida che la professoressa Rovera e il suo staff seguono costantemente: «Occorre, però, anche un supporto continuo ai parenti – commenta un’altra infermiera – ho visto scene di disperazione di persone che non hanno retto la battaglia contro la malattia del proprio congiunto».
Testimonianza particolarmente apprezzata è stata quella della professoressa Gemma Martino – figura che ha fatto la storia dell’oncologia del nostro Paese con Umberto Veronesi all’Istituto Tumori di Milano , ora Direttore di METIS Milano: « La comunicazione in ambito sanitario e segnatamente in campo oncologico è al tempo stesso interazione fra dato oggettivo e soggettivo. Il suo non è un generico decidere, ma un decidersi poiché è in gioco la sua identità: ne va di lui. L’esperienza di malattia tocca l’identità della persona, smentendo o confermando le sue buone ragioni per vivere. Quindi il rapporto tra curante e paziente è relazione moralmente rilevante, mai eticamente neutra. Il compito è creare le condizioni perché il soggetto, lui e solo lui, possa decidersi, non nonostante la malattia, ma attraversandola, all’interno di una relazione umanamente pregnante. Di qui l’importanza non solo del dato anamnestico fisio/patologico, ma della storia del soggetto, della narrazione della sua vita. Alla domanda: cosa fare? si può pertinentemente rispondere: Dipende. Inizia a raccontami la tua storia».
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