Interrogati i boss della mafia bustocca, bocche cucite davanti al giudice
In tre (Vizzini e i fratelli Nicastro) si sono avvalsi della facoltà di non rispondere rispetto alle accuse che a loro vengono mosse: associazione di stampo mafioso, estorsione, minacce
Sono stati interrogati questa mattina, giovedì, i cinque arrestati nell’operazione "Fire off" condotta dalla Dda di Milano che ha sgominato un’organizzazione mafiosa che aveva messo le radici a Busto Arsizio e dintorni legata alle cosche degli Emanuello-Rinzivillo (cosa nostra) e degli stiddari Madonia (tutte famiglie operanti nella zona di Gela). Almeno tre dei cinque finiti in carcere e cioè Rosario Vizzini, Fabio Nicastro e il fratello Dario si sono avvalsi della facoltà di non rispondere mentre Emanuele Napolitano avrebbe risposto ad alcune domande da parte del giudice. Non si esclude che anche Rosario Bonvissuto, legato anche alla ‘ndrangheta di Legnano-Lonate, abbia sdato qualche risposta.
L’avvocato di Rosario Vizzini, considerato il capo del gruppo dedito alle estorsioni nei confronti di numerosi imprenditori gelesi residenti nella zona, Sergio Bernocchi giustifica così questa scelta: «Ad interrogare era il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Vigevano quindi non è sembrato utile e tempestivo parlare a chi non è proprio sul pezzo. Rispetto alla risonanza avuta dalla figura del Vizzini, leggendo i capi d’imputazione, ho notato che non appare come vero e proprio leader del gruppo – prosegue Bernocchi – Resta sullo sfondo ed è una figura evocata a causa del suo passato anche se è stato assolto più volte. Non ho trovato nell’ordinanza delle situazioni realmente compromettenti, rispetto onestamente il lavoro della procura ma devo aggiungere che rispetto al clamore del momento dell’arresto qualcosa andrebbe ridimensionato. Non ci sono prove ma tanti indizi, quindi siamo in una zona grigia». Il legale poi ricorda come Vizzini sia già uscito pulito una volta dall’accusa di associaizone di stampo mafioso: «Lui è stato già processato nel 2005 e prosciolto dall’accusa che gli viene mossa ancora oggi – conclude Bernocchi – non vorrei che alla fine stia pagando un marchio che si porterà dietro a vita. Per il momento, di fronte alla gravità delle accuse, preferirei che si usasse un po’ di prudenza». Stessa prudenza per l’avvocato Francesca Cramis che difende Fabio Nicastro: «Per il momento aspettiamo, il quadro indiziario è da approfondire».
Resta il fatto che nelle 94 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Paola Di Lorenzo sono molti gli episodi estorsivi ricostruiti grazie anche alla collaborazione di alcune delle vittime che, spolpate fino all’osso, hanno infine valutato la collaborazione con la magistratura una volta che avevano perso tutto.
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