“Investire in cultura: come, quanto, con quali risultati”

Giovanni Mariani, ex direttore della biblioteca e oggi nella commissione cultura del Pd, propone anche al presidente della Fondazione Mario Lainati "una assemblea cittadina sulla cultura"

Riceviamo e pubblichiamo l’articolato contributo di Giovanni Mariani, che è stato a lungo direttore della Biblioteca Civica e che oggi coordina il lavoro della commissione cultura del Partito democratico: Mariani propone anche una assemblea aperta sulla cultura in città

E’ utile, e starei per dire necessario, un dibattito pubblico sulla politica culturale attuata nella nostra città nei 10 anni di amministrazione della Giunta Mucci. E si leggono volentieri le prese di posizione pubbliche dei principali attori della attività culturale cittadina.

Occorre ricordare innanzitutto l’annuncio delle dimissioni del Direttore artistico della Fondazione Culturale e ideatore delle stagioni teatrali, Luciano Gallina, e l’addio al ruolo di Presidente dell’Avv. Mario Lainati, che aprono un grande interrogativo sul futuro dell’istituzione. Infine non si deve neppure dimenticare il nostro intervento, piuttosto critico sul progetto della nuova biblioteca e della sua allocazione nel restaurando Palazzo Minoletti .
Lainati ha proposto l’idea di aprire una assemblea di consultazione aperta a tutti gli attori della cultura gallaratese utile a delineare un indirizzo nuovo per il futuro, idea che non è stata raccolta.
A questo appello hanno fatto seguito altre prese di posizione che si spera possano avviare un confronto aperto. Tuttavia occorre anche registrare un vizio ricorrente che caratterizza questi nostri tempi faziosi, e cioè il parlare per sé, senza un vero confronto di opinioni.

C’è chi sostiene che è necessario e conveniente investire nella bellezza e nella educazione, perché l’investimento in cultura produce il beneficio di rendere la società più democratica, la comunità più felice, il territorio più ricco di futuro. C’è chi ribatte che Gallarate non è una città d’arte capace di attrarre per la ricchezza della sua storia, che si è investito molto nella cultura e adesso bisogna solo definire meglio gli obiettivi che devono essere un po’ più integrati, che vanno chiarite la finalità dell’investimento perchè la cultura non può essere intesa come un settore da finanziare con fondi pubblici, a prescindere.

Lette così, ambedue le due invocazioni appaiono alquanto interessate; l’uno ci dice “stiamo lavorando all’eccellenza, non importante cosa costiamo ma i risultati che produciamo”; il secondo obietta “guardate che Gallarate forse non regge lo sforzo, non esiste solo l’arte ma anche il teatro, e infine, siamo sicuri che tutto debba riposare solo sulle spalle di pantalone”?
Orbene, le intenzioni sono lodevoli, le domande sono pertinenti e toccano questioni fondamentali ma suonano generiche, una sorta di mozione degli affetti e un richiamo alla buona volontà: finiscono con il risultare reticenti e omissive.

La vera domanda non espressa è la seguente: quanto ha investito la Città in Cultura? La Città potrà in futuro sostenere adeguatamente l’investimento realizzato? Questa spesa sarà compatibile con la capacità finanziaria del Comune? ci sono stati settori della cultura civica penalizzati o trascurati?

Domanda chiama domanda e tutte insieme esigono risposte:
– ci sono stati errori nel progetto, nella struttura organizzativa delle fondazioni, nella localizzazione, costruzione o ristrutturazione degli edifici (dai Teatri, al Maga, dall’istituto Falcone al progetto della nuova biblioteca)?
– come è stata finanziata la spesa? l’ingente costo dell’investimento non è stato finanziato con il saccheggio e la distruzione della Città sotto il profilo urbanistico e ambientale e con la mano lasca sugli aspetti di mala gestione di cui ci parlano le cronache giudiziarie?
– nella gestione ordinaria delle istituzioni create quanto pesa il finanziamento pubblico e quanto il finanziamento privato?
– l’ingente investimento ha prodotto un significativo impatto sulla Città, innescando una attenzione di qualità nei prodotti e nelle idee del tessuto economico e sociale?
– è stata attivata una rete di sinergie a livello provinciale per coordinare positivamente le iniziative del territorio, allo scopo di motivare e trattenere qui il visitatore “mordi e fuggi”?
– la biblioteca non è stata sacrificata a una politica di immagine e privata anno dopo anno di risorse, in palese e grande contraddizione con il progetto di una nuova grande sede?
– le associazioni culturali che hanno sempre fatto ricco il panorama della Città hanno mantenuto un ruolo? Perché molti protagonisti del volontariato culturale lamentano una trascuratezza nei loro confronti?
– l’amministrazione comunale ha conservato il ruolo di regia, oppure è divenuta un passivo ente di erogazione di cospicui fondi pubblici e un puro ufficio burocratico svuotato di competenze? Con quali strumenti potrà sottoporre alla verifica di risultato l’attività di gestione affidata chiavi in mano alle nuove istituzioni?
– vi sono sprechi e costi da rivedere nella architettura delle istituzioni create? L’ufficio cultura ha conservato le chiavi della progettualità e le competenze necessarie a produrre cultura in proprio?
– quali risultati sono stati ottenuti nella ricerca del finanziamento privato, con tante agenzie concorrenti sul medesimo mercato?

A ognuna di queste domande, che dovrebbero essere tema di un onesto confronto, corrispondono certamente note positive e criticità importanti; molti le rilevano ma non hanno modo di esprimerle in un contesto costruttivo, così che finiscono con alimentare giudizi sommari di svalutazione piuttosto che sollecitazioni critiche e opportune revisioni per il futuro.
Occorre tuttavia sottolineare che il comune denominatore delle scelte sbagliate risiede nel vizio che caratterizza la gestione politica e amministrativa della città negli ultimi dieci anni: privilegiare l’assoluto controllo delle decisioni, non cercare né accettare contributi di idee dall’esterno (sia della politica che della società) e imporre scelte definitive e unilaterali; in questo modo, se sono stati commessi errori, la Città dovrà fare i conti con i costi che essi producono negli anni magri a venire.

Solamente da un esame franco e onesto di queste questioni potrà nascere una linea di politica culturale per il futuro. Sono necessari metodi chiari, indirizzi sicuri e obiettivi concreti. Occorre unificare le istituzioni, portare a regia le politiche culturali dei diversi attori, distinguere tra attività dirette, attività sovvenzionate e attività promosse in regime privato, ridurre l’onere pubblico a dimensioni compatibili con le risorse.

Forse questo compito, in finale di partita, potrebbe essere svolto come un atto di amore per i concittadini tutti proprio dall’attore più discreto e munifico che in questi anni ha speso tanto del proprio tempo per una idea civica di cultura: l’avv. Mario Lainati, al quale proponiamo di promuovere una assemblea di confronto invitando a discutere e proporre tutti gli attori attivi in Città.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Marzo 2011
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