L’Idv contro i volantini dei Giovani Padani
La posizione del partito guidato da Di Pietro in merito al poco spirito di appartenenza allo stato italiano da parte dei giovani leghisti
Riceviamo e pubblichiamo la lettera firmata da Luciano Messenio, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori Lombardia
Solo pochi giorni fa gli italiani ricordavano i 150 anni dall’unità d’Italia; un’Italia prima divisa in vari regni, principati e ducati. Nonostante gli anni trascorsi pare però che le divisioni originali non siano ancora state dimenticate. Da qui lo scarso attaccamento degli italiani alla propria maglia – tranne che nel calcio – che si dimostra nei pareri sulla festività del 17 marzo di chi l’Italia la rappresenta. Solo da noi quindi, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia poteva dirsi contraria a chiudere le fabbriche. Solo qui il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini poteva auspicare che le scuole restassero aperte. Solo qui l’Associazione degli industriali lombardi poteva suggerire di accorpare il 17 marzo al 2 giugno.
Per non parlare di chi della divisibilità e della discordia ne ha fatto una bandiera, la Lega Nord. Umberto Bossi ha insistito “il 17 marzo si deve lavorare” inviando poi, insieme allo Stato maggiore del Carroccio, una bolla di scomunica al sindaco di Verona Flavio Tosi, reo di aver invitato nella sua città il capo dello Stato per le celebrazioni dell’Unità.
Non hanno voluto essere da meno i “Giovani Padani” che, in occasione dei festeggiamenti, hanno distribuito un volantino che indica uno dei nostri padri, Giuseppe Garibaldi, come un criminale, richiedendo quindi di eliminare le sue statue dalle nostre piazze (il mio volantino è stato rinvenuto in una cassetta della posta nel comune di Concorezzo).
L’invettiva mossa dai giovani secessionisti accusa Garibaldi dei crimini più fantasiosi: dal traffico di schiavi al genocidio, dalle attività mercenarie addirittura alla pedofilia e alle offese aggravate.
Questa rivisitazione storica oltre a non tenere conto del contesto politico-culturale dell’epoca e delle – tuttora attuali – inevitabili conseguenze di una guerra, offende il sacrificio compiuto da chi ha combattuto in nome dell’indipendenza e raggira i lettori, ignari dei fatti, con falsità del tutto gratuite.
Ad esempio, l’accusa mossa contro Garibaldi di aver sposato “Anita poco più che bambina” è evidentemente falsa in quanto Giuseppe conosce Anita diciottenne e la sposa nel 1842 – nella parrocchia di S. Bernardino a Montevideo – quando lui aveva 35 anni e lei 21.
Ben poca differenza se pensiamo alla causa che porterà fra pochi giorni davanti ai giudici il nostro Presidente del Consiglio dove all’epoca dei fatti quest’ultimo aveva 70 anni suonati e Ruby neanche 18!
Detto ciò, i giovani dell’Italia dei Valori si dissociano dalla visione parziale e tendenziosa dei “Giovani Padani” riconoscendo in Giuseppe Garibaldi uno dei padri della nostra Nazione. Riconosciamo il sacrificio dei patrioti che ha portato prima all’indipendenza poi alla realizzazione della Repubblica negli anni a seguire, onorando il dono che ci hanno offerto con le festività dedicate del 17 marzo, del 25 aprile e del 2 giugno.
Alla domanda posta dai giovani del Carroccio a Garibaldi – “cosa direbbe oggi questo gentiluomo dei leghisti e dei critici del suo etnonazionalismo italiota?” – rispondo:
Direbbe che i suoi successori hanno colto il suo spirito unitario e repubblicano inserendo l’articolo 5 nella Costituzione, ove si indica la Repubblica Italiana come “una e indivisibile” e di conseguenza inconciliabile con la denominazione ufficiale del gruppo parlamentare “Lega nord per l’indipendenza della Padania”.
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