Le banche italiane non credono alle reti d’impresa
Confindustria sta lavorando sulle aggregazioni a più livelli. In Italia stipulati 34 contratti di rete che coinvolgono 215 imprese. D'Alvia (direttore di Retimpresa): «La sfida è presentarci dal ministro con 200 contratti»
I contratti di rete stipulati ad oggi in Italia sono 34 e coinvolgono 215 imprese. Sono pochi otanti? «Le Ati (associazione temporanea di imprese, ndr) ci hanno messo 20 anni ad affermarsi». Come dire: tempo al tempo. Fulvio D’Alvia, direttore di Retimpresa di Confindustria – intervenuto all’incontro organizzato dall’Università Cattaneo – Liuc di Castellanza sul tema del contratto di rete – crede a questa nuova forma di aggregazione tra imprese e fonda questa sua convinzione non sul fatto che il governo abbia previsto delle agevolazioni fiscali, ma su una serie di segnali che arrivano dal sistema Paese. «C’è un interesse forte verso questa forma di aggregazione a più livelli – spiega D’Alvia -. Ci sono corsi di formazione per manager di rete, c’è un sistema di "antenne" di Confindustria sul territorio, oltre 200, che monitorano ciò che accade in tema di aggregazioni. C’è una collaborazione aperta con Unioncamere e un’azione condivisa da Confartigianato e Cna. Per quanto riguarda il sistema bancario abbiamo contattato tutte le banche italiane, ma per il momento siamo partiti con Barclays (istituto di credito inglese, ndr) che ha messo a disposizione un modello di rating. Comunque stiamo lavorando con Ubi e Intesa».
Secondo il direttore di Retimpresa, il contratto di rete deve riguardare anche le singole associazioni confindustriali sui territori, come è già avvenuto in Toscana. «A Siena, Arezzo e Grosseto – spiega D’Alvia – hanno costituito una vera e propria “rete d’imprese” che servirà a gestire iniziative e progetti comuni fra le rispettive società di servizi. Inoltre, le associazioni rappresentano un territorio neutro dove le imprese possono confrontarsi».
Il Governo ha mandato un messaggio che Confindustria ritiene positivo: in una manovra di soli tagli, aver messo sul piatto 48 milioni di euro per le agevolazioni fiscali previste dal contratto di rete, è comunque il segnale di una disponibilità. «Quando ci siamo presentati da Tremonti – sottolinea il direttore di Retimpresa – i contratti di rete che avevamo in mano erano pochissimi. Stanno crescendo, ma la scommessa è ripresentarci dal ministro con duecento contratti».
Ora la parola passa alle imprese che, impegnate nei processi di internazionalizzazione e innovazione, devono dimostrare che le reti sono una via organizzativa percorribile per affrontare i nuovi tempi.
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