Quando in Comune si “giocava” a fare i terroristi
Era il 20 ottobre 2003, la "simulazione" provocò anche malori. Dopo la condanna penale di chi organizzò l'operazione, il sindacato attacca: "un'ossessione securitaria che non c'entrava con la sicurezza"
I terroristi entrarono in Comune in gruppo, con i passamontagna e le pistole spianate, ordinando alla ventina di dipendenti presenti di schierarsi lungo i muri. Poi si mossero verso la sala della giunta, per prendere in ostaggio i politici. Era il 2003, a Gallarate, l’assalto dei terroristi era tutto finto, ma il dramma ci fu davvero: alcuni dipendenti si sentirono male, a Palazzo Borghi arrivarono anche due ambulanze.
Nei giorni scorsi il tribunale di Busto Arsizio, sezione penale, ha condannato la responsabile della sicurezza di allora, con pena sospesa con la condizionale. Ma la sentenza non ha chiuso ilcaso: il Cobas denuncia la natura politica di quella simulazione, fatta nel clima di sospetto ai limiti della paranoia che si respirava allora, a pochi mesi dall’11 settembre 2001. «Quel 20 ottobre – scrivono i sindacati – si è voluto seminare il panico per vedere l’effetto che faceva, utilizzando i lavoratori e le lavoratrici come cavie, come soldatini di piombo sacrificabili in nome di ossessioni securitarie». Se per molti fu un grande spavento (con qualche difficoltà ad addormentarsi nelle sere successive), due dei dipendenti si sentirono male. «C’erano anche altri rischi, visto che un agente di polizia locale era presente, armato, e avrebbe potuto sparare» ricorda oggi Paolo Schiavone, rappresentante sindacale dei Cobas. «In 19 abbiamo fatto causa davanti al tribunale del lavoro, la questione si concluse con una conciliazione», con cui in sostanza l’amministrazione si impegnava pubblicamente ad evitare ulteriori "simulazioni" del genere, che secondo i sindacati non c’entravano nulla con le normali procedure (le prove di evacuazione) previste dalla legge.
La questione però finì anche davanti al Tribunale penale, per la querela di parte di un dipendente che da quel giorno soffrì di attacchi di panico. Il 2 marzo scorso c’è stata la sentenza di primo grado. «La magistratura ha accertato la responsabilità dell’ex responsabile per la sicurezza, anche se forse qualcun altro era al corrente e conosceva le modalità: noi rispettiamo la sentenza, leggeremo le motivazioni» conclude Schiavone. Rimane la critica per quella dimostrazione di forza inscenata e rivendicata dall’amministrazione comunale nei giorni successivi al fatto. «La cultura della paura e le ossessioni securitarie – ribadisce il sindacato di base – non solo non hanno nulla a che spartire con la sicurezza (quella reale, che salva le vite e la salute), ma svolgono egregiamente un’altra funzione, quella di stritolare le libertà e le vite delle persone».
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