Che fine hanno fatto quegli amici giapponesi?
Anni fa un gemellaggio portò in paese alcuni ragazzi giapponesi di un centro colpito dallo tsunami. Oggi una famiglia è in angoscia e chiede aiuto a Erica, nel Sol Levante per lavoro
«Diversi anni fa il nostro paese di Besano ha fatto un gemellaggio con un paese del Giappone, "Utatsu", oggi parte della cittadina di Minamisanriku». «In tre circostanze alcune famiglie besanesi hanno ospitato diversi ragazzi giapponesi e nel 1999 un gruppo di noi si e’ recato ad Utatsu ed in queste occasioni sono nate delle amicizie. Purtroppo, sino ad oggi, non siamo riusciti ad avere notizie in merito ai sopravvissuti». Incomincia così la lettera inviata dalla famiglia Bianchini a Varesenews qualche giorno fa per chiedere aiuto.
Una richiesta che dal tono sembra quasi priva di speranza. Uno dei motivi sta nell’unica risposta ricevuta dalla famiglia Bianchini, vale a dire quella dell’ambasciata italiana a Tokyo: “Gentile famiglia Bianchini, da una prima verifica ci risulta che il paese di Utatsu, si trova nell’area piu’ colpita dallo tsunami e ha riportato danni di notevole entita’. nel sito http://www.kahoku.co.jp/news/2011/03/20110316t13049.htm si puo’ vedere un’immagine della cittadina. In questo momento continuano le ricerche delle persone disperse».
Ricordi, amicizie e rapporti, nati da quel viaggio e dal gemellaggio che oggi sono stati forse spezzati dal terremoto. Ma i Bianchini non si danno per vinti: «Non riusciamo nemmeno a metterci in contatto telefonico in quanto la linea risulta sempre occupata».
E qui entra in gioco Varesenews. I Bianchini, come migliaia di altri lettori, hanno seguito i racconti che Erica Borile invia periodicamente dal Giappone e che per prima, come testimone “per caso” e al di fuori dei canali giornalistici, ha raccontato il terremoto fin dalle prime ore.
«Ci chiedavamo se la signorina Erica non avesse un canale piu’ diretto per eventualmente sapere a chi possiamo rivolgerci per riuscire a sapere qualcosa di alcune persone di Utatsu family Koki Yamauchi; family Hisayuki Abe; family Hiroshi Onodera».
Abbiamo ovviamente girato la richiesta a Erica, tuttora in Giappone per motivi di lavoro. Ecco la sua risposta: «Quello che posso fare è controllare i siti che danno informazioni sui rifugiati e i sopravvissuti cercando i loro nomi. Poi contatterò l’associazione OGA, una scuola internazionale di Aomori che ha organizzato un servizio di soccorso e distribuzione di viveri proprio bella zona di Minamisanriku. Non ho idea di cosa possa venirne fuori ma ci provo».
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