Il Canton Ticino vira a destra. Lega primo partito

La Lega dei ticinesi arriva quasi al 30 per cento. Cavallo di battaglia della campagna elettorale era il "mandare a casa i frontalieri". Il leader Bignasca festeggia: "Da domani cambia tutto"

Se le elezioni cantonali ticinesi fossero stata una competizione sportiva, si potrebbe dire che la Lega dei Ticinesi "ha fatto cappotto" sugli altri partiti storici portando un altro esponente in Consiglio di Stato. Era nell’aria, lo si diceva da settimane, complice una campagna elettorale permanente da parte del leader leghista Giuliano Bignasca, rintuzzata pure dalla recente cartellonistica promossa dall’UDC con "bala i ratt". Il trucco è noto anche in Italia: generi timori sociali e ti presenti come risolutore dei mali del mondo spostando di fatto, come è avvenuto, il Ticino a destra. Questo atteggiamento, snobbato dai partiti storici ticinesi, dalle grandi "famiglie" liberali, dai popolari democratici e dai socialisti, ha invece pagato e anche molto strappando soprattutto il voto di un gran numero di giovani, scippando, difficile a credersi, voti anche a sinistra su specifici temi.

Prima di considerare perché questo voto interessa pure noi facciamo una breve analisi di questa tornata elettorale. La Lega si è attestata vicino al 30% diventando partito di maggioranza relativa in Canton Ticino, scalzando in Governo il partito liberale radicale, complice pure uno scontro tutto interno al partito con un forte scontro tra liberali e radicali circa l’opportunità di candidare un cattolico dichiarato vicino ad area ciellina, Sergio Morisoli. I liberali hanno perduto anche Lugano dove uno sconfortato Giorgio Giudici, sindaco storico della città, ha detto "Prendiamo atto e facciamo i complimenti a chi vince", con una Lega che ha preso qui il 36,42%. Anche i Verdi hanno conosciuto un aumento grazie all’effetto Fukushima, strizzando pure l’occhio a molti temi sollevati daileghisti. Da questa sera i partiti storici si troveranno a raccogliere i cocci, pensando a come gestire i futuri 4 anni nel Governo.

Lunedì si conosceranno pure i rapporti di forza all’interno del Gran Consiglio, il Parlamento ticinese, partita importante di cui tenere conto. Da questa sera bisognerà decidere da che parte stare per gli esponenti in Governo di area socialista, pipidina e liberale che si troverebbero, secondo l’idea tutta italiana della politica, ad essere in maggioranza contro i leghisti Gobbi e Borradori. Ma questo non è il Ticino, qui c’è la politica che cerca l’accordo, l’equilibrio, una politica che va avanti con accordi precisi a seconda dei temi. Proprio "gli accordi" potrebbero essere una chiave di dialogo per evitare derive che tanto preoccupano dentro e fuori il Cantone, accordi di cui la stessa Lega ha bisogno per andare avanti.

Non sono certo segreti i temi cavalcati dalla Lega dei Ticinesi, anche contro i lavoratori italiani e che hanno visto pure una presa di posizione da parte del Governo ticinese, oltre che delle sigle economiche ed imprenditoriali. I consiglieri di Stato medieranno, cercheranno la quadra e gli stessi leghisti, pur nel rispetto del voto popolare, non sempre potranno tradurre a Bellinzona quello che poi esce da Via Monte Boglia a Lugano, quartier generale di Bignasca. C’è un principio di concordanza di cui tenere conto. La posizione degli italiani, dei lavoratori frontalieri, comunque, dovrà invece confrontarsi con il "nano pensiero", ben visibile sul settimanale di partito. La maggioranza degli articoli incita a mandare a casa i frontalieri, docenti, padroncini, operai, tutti a casa, insomma un mercato del lavoro da ridimensionare.

«Da domani cambia tutto, a cominciare dai frontalieri» ha detto già alle 15:30 Bignasca. Non sono solo le parole di un leader, tali espressioni hanno trovato il favore del voto cresciuto in maniera esponenziale proprio nelle regioni di frontiera. La crisi libica ed il paventato arrivo degli immigrati, inserita nel pastone elettorale, ha alimentato il voto leghista proprio nelle zone di frontiera, le stesse dove sono impiegati maggiormente i nostri lavoratori. In quella fascia di frontiera il partito ha raggiunto percentuali inaspettate, da Ponte Tresa a Stabio, sfondando anche in roccaforti pipidine. Insomma, dopo l’urlo di vittoria a Lugano di Giuliano Bisgnasca qualcosa è cambiato. Occupazione, frontalieri, ristorni ai Comuni, nuove infrastrutture, trasporti, sinergie, opportunità di crescita e bisogni del territorio: La politica italiana provinciale e regionale che "tratta" con il Ticino deve sapere che qualcosa di significativo, oltre frontiera, è cambiato.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Aprile 2011
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