Rimane 18 ore in acqua

Secondo test di permanenza prolungata in acqua per Riccardo Palumbo, il nuotatore che sta preparando il biorecord di 48 ore previsto per il 1 luglio nel Lago di Monate

Dopo diciotto ore di permanenza in acqua, Riccardo Palumbo non esce dalla piscina come ci aspettavamo. Il ragazzo delfino si sente più a suo agio nell’ambiente acquatico piuttosto che sulla terraferma. E’ scaduto il tempo di noi terrestri, che viviamo di orologi. Lui si muove molto lentamente nell’acqua, con gesti misurati, e inizia a toccare con i piedi il fondo. Per ore aveva galleggiato e nuotato, liquidamente sospeso, senza sentire il peso della gravità. Fa ancora una nuotatina, cercando di ritonificare quei muscoli che hanno perso in poche ore un poco della loro tonicità a causa dell’assenza di pressione atmosferica. Si ascolta. Poi si aiuta con qualche esercizio posturale di water pilates. Deve riabituare l’addome ed il dorso a sostenere la posizione eretta con la prospettiva, tra pochissimo, di ricominciare a camminare con i piedi per terra. Sorride, sostenuto in leggerezza dall’acqua, poi inizia a sfilare la sua seconda pelle, quella muta color “pesce di fondo” studiata apposta perche lui possa confondersi tra gli abitanti lacustri (Riccardo prepara una permanenza record di minimo 48 ore nel Lago di Monate). Le mani e i piedi sono pallidi, leggermente macerati, ma quello che colpisce è lo sguardo vivo, intenso, soddisfatto di Riccardo. Uscire dal grembo caldo dell’acqua gli dà un brivido sottile, non è solo una questione di temperatura, è tempo di rinascere alla vita. In piedi, fuori dell’acqua, prova di colpo la sensazione di ritornare pesante. Gli chiediamo se durante la sua prima lunghissima notte in acqua ha avuto sonno “ ma sì, ho fatto qualche pisolino di qualche minuto”, sorride. Lo immaginiamo sdraiato, tranquillissimo, su un materasso d’acqua. Ci racconta che nella notte si sono avvicendati tanti amici a tenergli compagnia. Marzia con i bimbi, Roberta, Francesco e Claudia arrivati dalla Svizzera per praticare un massaggio sonoro con il didgeridoo, lo strumento aborigeno australiano. Vibrazioni profonde con il compito di rilassarlo e farlo concentrare. Buona parte della prestazione di Riccardo è affidata alla capacità di adesione all’obiettivo delle 48 ore, ci vuole cocciutaggine e coraggio, capacità di resistenza ed equilibrio mentale. Non si può permettere di sentire la fatica. E’ domenica mattina. Attorno a Riccardo si raduna un crocchio di curiosi ed increduli, la preoccupazione di mamma e papà lascia il posto ad un sguardo di sollievo e di sottile orgoglio, al bar ci sono già i primi giornali con i titoloni dedicati all’impresa. Cosa sogna un ragazzo delfino quando esce dall’acqua? «In diciotto ore ho bevuto più di quattro litri d’acqua per ripristinare l’equilibrio di liquidi all’interno del mio corpo, non c’è da sorprendersi lo fanno tutti i pesci, ma la prima cosa che farò adesso sarà bere un cappuccio al bar con Ale, la mia ragazza».
Il richiamo di un abbraccio femminile riporta finalmente sulla terra, tra noi,  Riccardo il ragazzo delfino.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Aprile 2011
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