“Al Rais è rimasta solo la capitale”
Ruggero Tozzo dell'associazione Alisei racconta la sua visione di quello che sta succedendo in Libia, un Paese che conosce molto bene
«I giovani libici hanno chiesto aiuto a noi, non ad Al-Qaeda. Non aiutarli sarebbe da irresponsabili». Ruggero Tozzo, presidente dell’associazione non governativa “Alisei”, ne è certo. E lui la Libia la conosce bene. L’ultimo suo viaggio nel Paese oggi dilaniato da una sanguinosa guerra civile è stato non più tardi di due settimane fa. «Sono atterrato al Cairo e poi sono andato in macchina fino a Bengasi» racconta dopo aver presentato al Museo del Tessile il progetto con cui intende portare assistenza sanitaria alla popolazione libica. Dal confine sono circa 200 km di asfalto e «sono capillarmente controllati dai ragazzi della rivoluzione con un susseguirsi di check point anche se -ammette- il rischio di infiltrazioni delle truppe di Gheddafi è altissimo». E i “ribelli” controllano anche tutta la parte interna del Paese fino a Misurata mentre «al Rais è rimasta solo la capitale, inavvicinabile per via dei continui raid della NATO». E proprio sull’intervento dell’Alleanza Atlantica Tozzo ammette che «pur essendo l’ennesimo fallimento della diplomazia è stato necessario» perchè senza la risoluzione ONU e il relativo intervento armato «Gheddafi sarebbe entrato a Bengasi e avrebbe fatto una strage, un po’ come quello che è successo in Rwanda». «Chiaramente -non lo nasconde- dietro ci sono interessi diversi da quello umanitario» ma in ogni caso è stato “provvidenziale”.
Ricorda anche il suo viaggio precedente, prima della rivolta, in cui «i ragazzi erano incollati ai televisori dei bar» sintonizzati su Al Jazeera che trasmetteva in continuazione le immagini di Tunisia ed Egitto. «Era evidente che di lì a poco sarebbe successo qualcosa e mi stupisco di come nessuno l’abbia capito». Infatti, quella che in gergo tecnico si chiama “cascata rivoluzionaria” ha contagiato anche la Libia che oggi «è la cartina tornasole di quello che potrebbe succedere in tutta l’area». Se Gheddafi riprendesse il potere «tutta la primavera araba potrebbe essere compromessa» e quindi è fondamentale che «le operazioni militari continuino». Il governo provvisorio, infatti, «è ancora troppo debole e Gheddafi troppo forte» e quindi le proposte di fermare la missione non sono altro che «cinismo elettorale e di bottega». I giovani che hanno iniziato e stanno continuando la rivoluzione infatti «sono armati come capita e non sono addestrati a dovere ma ci stanno chiedendo aiuto per ottenere quello che noi già abbiamo: la libertà».
La rivoluzione, per completarsi, «potrebbe richiedere ancora molto tempo» ma i libici sono determinati «a cambiare completamente la loro società». Il nostro compito in questa fase «deve essere quello di accompagnarli e lasciarli da soli sarebbe da irresponsabili».
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