Era tutto scritto. Anche l’addio di mister Sannino
Dopo quattro anni vissuti intensamente, l'allenatore del Varese dà l'addio alla squadra e alla città che più ha amato. Ora lo attendono la serie A e il Siena
Quando domenica, alla fine dell’ultimo atto con il Padova, qualcuno gli ha chiesto se fosse vero che avesse già firmato per il Chievo, lui ha giurato «sulla testa dei suoi figlioli» che non era vero. E, infatti, non lo era. L’arcano è stato finalmente svelato all’indomani della semifinale playoff: Beppe Sannino da Ottaviano, dopo quattro anni di indiscusso amore (ricambiato) per la città, chiude la sua magnifica avventura con il Varese1910, per approdare in serie A, al Siena.
Sarà difficile per i tifosi biancorossi dimenticare questa figura, così “felicemente” anomala per il mondo del calcio. Schietto e umano, come pochi allenatori sanno essere, a lui si deve la rinascita del calcio a Varese. Due promozioni consecutive: dalla C2 alla C1, nel campionato 2008-2009, e dalla C1 alla serie B nella stagione 2009-2010. Una doppietta che ha segnato il ritorno nella cadetteria dei biancorossi dopo 25 anni. Una terza promozione sfiorata quest’anno: una lunga cavalcata verso la massima serie, terminata con una partita beffarda contro il Padova, pareggiata 3 a 3, dopo che il Varese è andato sempre in vantaggio.
Eppure, la prima volta di Sannino da allenatore a Varese era finita con un esonero. Correva l’anno 2003 e il presidente del club biancorosso di allora, Claudio Turri, non gli diede nemmeno il tempo di terminare la stagione perché venne licenziato per far spazio a Paolo Beruatto ingaggiato da Stefano Tacconi, nella veste di presidente della transizione. In realtà, non ci fu alcuna transizione e quella fu l’ultima stagione della storia centenaria del Varese Football Club.
Nel 2004 nasce una nuova società, il Varese 1910, che riparte dal torneo d’Eccellenza. Nel 2008 i biancorossi tornano tra i professionsiti e in C2 ritorna anche Beppe Sannino che subentra a Gedeone Carmignani, autore di un disastroso avvio di campionato, culminato con la sconfitta nel derby contro il Como.
Eppure, la prima volta di Sannino da allenatore a Varese era finita con un esonero. Correva l’anno 2003 e il presidente del club biancorosso di allora, Claudio Turri, non gli diede nemmeno il tempo di terminare la stagione perché venne licenziato per far spazio a Paolo Beruatto ingaggiato da Stefano Tacconi, nella veste di presidente della transizione. In realtà, non ci fu alcuna transizione e quella fu l’ultima stagione della storia centenaria del Varese Football Club.
Nel 2004 nasce una nuova società, il Varese 1910, che riparte dal torneo d’Eccellenza. Nel 2008 i biancorossi tornano tra i professionsiti e in C2 ritorna anche Beppe Sannino che subentra a Gedeone Carmignani, autore di un disastroso avvio di campionato, culminato con la sconfitta nel derby contro il Como.
“Il ciabattino di Ottaviano” – così veniva chiamato Sannino quando giocava a calcio nelle strade di Torino – compie il primo miracolo. «Sono qui per vincere il campionato» dirà al primo incontro con quelli che diventeranno i suoi «minatori». Non fimerà nemmeno il premio salvezza, perché lui, più di tutti, crede nella promozione. Sembrano desideri irrealizzabili per una squadra che occupa le zone basse della classifica e con un organico definito «scarso» dagli intenditori. Eppure, la profezia di mister Sannino si avvera: alla fine della stagione 2008 -2009, il Varese è primo davanti all’Alessandria.
Si ricomincia dalla Lega Pro, quella che un tempo era la C1. Il Varese da quando c’è Sannino è imbattuto sul campo di casa, ma il campionato è lungo e difficile. I biancorossi partono bene e arrivano secondi dietro la corazzata Novara. Ai playoff il Varese si sbarazza prima del Benevento e poi della Cremonese, ribaltando il risultato d’andata a sfavore (1-0 per la Cremonese) con un 2 a 0 firmato da capitan Buzzegoli, altra icona (partita in anticipo) del miracolo Varese. Questa volta il premio promozione c’è e Sannino lo devolve in beneficenza (oggi possiamo scriverlo).
Si ricomincia dalla Lega Pro, quella che un tempo era la C1. Il Varese da quando c’è Sannino è imbattuto sul campo di casa, ma il campionato è lungo e difficile. I biancorossi partono bene e arrivano secondi dietro la corazzata Novara. Ai playoff il Varese si sbarazza prima del Benevento e poi della Cremonese, ribaltando il risultato d’andata a sfavore (1-0 per la Cremonese) con un 2 a 0 firmato da capitan Buzzegoli, altra icona (partita in anticipo) del miracolo Varese. Questa volta il premio promozione c’è e Sannino lo devolve in beneficenza (oggi possiamo scriverlo).
La prima stagione in serie B sarà un trionfo, quarto posto, playoff e Franco Ossola ancora imbattuto. Quale sia l’alchimia di questa squadra è difficile dirlo. Oltre alla competenza dello staff tecnico, c’è qualcosa di inafferrabile. Un misto di desiderio personale di affermazione unito ad un entusiasmo quasi infantile per il gioco del pallone, il tutto tenuto insieme da una stima reciproca tra mister e giocatori. Per il loro allenatore i biancorossi darebbero la vita. E viceversa. «Ogni maledetta domenica» (anche se in serie B si gioca di sabato, le citazioni tratte dal film di Al Pacino sono le più amate dal mister) scendono in campo undici furie biancorosse che rispondono agli ordini del loro allenatore che non smette mai di urlare per tutti e novanta i minuti. E, subito dopo, tutti insieme a mangiare, con il mister che serve tra i tavoli con quell’ironia tipica degli uomini del sud.
Le metafore di Sannino sono la linfa immaginifica che ha alimentato un rapporto unico e irripetibile della squadra con la stampa e con il pubblico: «i minatori iniziano a vedere la luce… noi siamo uomini prima di essere calciatori… abbiamo mangiato fango ora iniziamo a sollevare la testa… noi che non abbiamo mai visto i nostri nomi stampati sulle maglie». Ma c’è una frase che più di altre rappresenta l’era Sannino a Varese: «È tutto scritto». La ripeterà all’infinito. Alla fine di ogni partita. Ad ogni risultato inaspettato. Ad ogni partenza sofferta, ancorché necessaria. Come la sua.
Arrivederci Mister.
Le metafore di Sannino sono la linfa immaginifica che ha alimentato un rapporto unico e irripetibile della squadra con la stampa e con il pubblico: «i minatori iniziano a vedere la luce… noi siamo uomini prima di essere calciatori… abbiamo mangiato fango ora iniziamo a sollevare la testa… noi che non abbiamo mai visto i nostri nomi stampati sulle maglie». Ma c’è una frase che più di altre rappresenta l’era Sannino a Varese: «È tutto scritto». La ripeterà all’infinito. Alla fine di ogni partita. Ad ogni risultato inaspettato. Ad ogni partenza sofferta, ancorché necessaria. Come la sua.
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