I rifugiati tra i capannoni di Malpensa. “Non abbandoniamoli”

Fino ad oggi poche le iniziative a favore dei ragazzi scappati dalla guerra e approdati a Case Nuove. Calò (Pd): "Iniziamo da un progetto per alfabetizzazione, diritti e doveri. Per il Comune è a costo zero"

I ragazzi arrivati dalla Libia hanno visto la guerra e oggi si ritrovano isolati, in una zona quasi abbandonata. I rifugiati stanno a Case Nuove, vicino a loro ci sono molti edifici disabitati emurati, il rombo degli aerei che si levano in volo, il via vai di auto e furgoni verso l’aeroporto e i mille depositi logistici. Catapultati in un mondo indifferente, se non ostile: molti di loro non volevano neppure venire in Italia, sono arrivati con un passato di paure e violenze da superare. «Il problema dei rifugiati politici non si risolve fornendogli indumenti e vestiti e una tessera telefonica» dice il segretario del Pd sommese Francesco Calò, che non vuole che la presenza dei rifugiati diventi solo una questione di ordine pubblico o di esigenze pratiche. I ragazzi africani stanno a Case Nuove da un mese, ma poco si è mosso per accoglierli davvero: una squadra ha partecipato ad esempio al torneo di calcio organizzato dalla Uisp al campo sportivo di via Novara (nella foto), dove si è fatto vedere anche il sindaco Guido Colombo. Ma non basta.

«Per rimanere umani – dice Calò, riprendendo la ormai conosciuta espressione di Vittorio Arrigoni – dobbiamo fare qualcosa in più. Dobbiamo metterci a fianco di questi nostri fratelli che sono scappati per raggiungere qualcosa di migliore. Dobbiamo curare non solo il vestiario ma le loro anime. Anime che hanno visto sangue e morte, pianti e dolori. Anime che sono scappate perchè non poteva nemmeno dire che cosa pensavano liberamente in mezzo ad una strada o ad una assemblea». Calò critica l’atteggiamento della Regione Lombardia che ha scelto di lavarsene le mani (affidando la cosa ad un commissario nazionale, perché la responsabilità fosse di Roma e non di Milano) dando il via ad una serie di episodi non proprio edificanti, complice la campagna elettorale in corso. Dalle paure seminate in quel di Lonate Pozzolo, all’assurda situazione di Gallarate, dove i profughi africani furono lasciati in strada per una notte (nella foto).

Ma ora, a Somma, che si fa? Calò chiede di accedere direttamente  al «fondo nazionale per la questione dei richiedenti asilo». Soldi dello Stato che sono vincolati alle politiche di accoglienza dei rifugiati e che potrebbero servire: «Basta presentare un progetto, molto spesso di alfabetizzazione alla lingua italiana, per curare l’anima di queste persone e integrarle. Perchè basta veramente poco a curare l’anima di una persona che scappa dalla guerra. Farla sentire parte di una comunità che lo accoglie, fargli capire quali sono le regole e i propri diritti e soprattutto i propri doveri». 
«Il comune di Somma Lombardo non deve mettere soldi ma solo buona volontà per far si di rimanere umana una istituzione come quella del comune e far rimanere umani gli stessi sommesi che incominciano a domandarsi cosa queste persone fanno per la comunità o se sono solo un costo visto che “non fanno niente tutto il giorno"». 

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Pubblicato il 23 Giugno 2011
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