«Vorrei poter scolpire l’universo» scriveva Vittorio Tavernari nel 1951. Artista silenzioso, scultore nell’anima, fedele all’etica “del fare”, alla sua opera è dedicata un’importante mostra omaggio a Varese all’interno della rassegna “Scultori a Villa Recalcati”. Il curatore Flaminio Gualdoni ci guida alla lettura delle opere in mostra.
Con quale criterio sono state scelte le opere in mostra?
L’idea è stata quella di concentrarsi sulla produzione di Vittorio Tavernari della piena maturità. Sono esposte opere dalla fine degli anni ’50 fino agli ultimi lavori dove il soggetto ricorrente “dolcemente ossessivo” è quello della figura umana.
Si può leggere da una parte la presa di posizione rispetto al dibattito contemporaneo e dall’altra un ritorno all’antico, che vede la ripresa di forme archetipiche che giungono fino ai grandi totem. Sono opere non di grandi dimensioni, raramente esposte.
Come si pone l’opera di Tavernari all’interno del panorama dell’arte italiana?
Una delle componenti essenziali delle pratiche delle avanguardie era quella di diventare famosi. Questo comportava una serie di attività quali firmare manifesti, scatenare polemiche che promuovessero non solo l’opera ma il personaggio.
Ecco, Tavernari era molto lontano da tutto ciò. A lui non importava che in molti lo conoscessero, ma che la sua scultura fosse di alta qualità. Fa parte di quegli infomali che non “sgangheravano” la forma ma la elevavano. Secondo me è uno dei grandi artisti del Novecento.
Essere scultori oggi è una rarità. Possiamo dire che è una razza in via d’estinzione? Perché?
Direi di si. Da un lato la scultura ha pagato, da sempre, il prezzo di essere più costosa e impegnativa. Il valore di un’opera scultorea tiene anche conto degli elevati costi di realizzazione, questo è un dato oggettivo che no va ignorato.
Dobbiamo poi tenere conto che fino agli anni ’60 vi era una grande committenza pubblica che era occasione per lavorare e vivere. Oggi questo non c’è quasi più. Il terzo fattore, non secondario, è che negli ultimi venti anni i confini tra le discipline sono molto labili ed il territorio della scultura è diventato il territorio delle installazioni.
Parlando d’arte d’oggi, la Biennale di Venezia ha appena aperto i battenti, l’ha visitata?
Non e non ci andrò nemmeno. Ero sicuro che il Padiglione Italia fosse brutto, non tanto per Sgarbi quanto per il progetto, molto provinciale (il curatore ha scelto gli artisti interpellando il parere di scrittori, poeti, registi, intellettuali ndr). A quanto visto anche il Padiglione Internazionale non è interessante. Andrò a Venezia ma per visitare la Fondazione Vedova e il Museo Fortuny.
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Vittorio Tavernari4 di 11
Una mostra temporanea per sua natura finisce, secondo lei cosa rimane una volta che le opere ritornano ai legittimi proprietari? La mostra di Vittorio Tavernari si inserisce all’interno di un programma espositivo destinato alla scultura. Questo progetto vuole valorizzare sia gli artisti che il luogo. In questo caso la volontà è di creare nello splendido giardino all’italiana della Villa un parco permanente di scultura. Questa mostra, come le altre, lasceranno alla città molto di più di un catalogo, ma una testimonianza permanente dell’opera di alcuni grandi artisti.
La mostra Vittorio Tavernari è visitabile fino al 28 agosto.
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