Quel rudere è un convento del ‘500
Villa Dandolo, per tutti semplicemente un rudere in centro città, è in realtà un convento del XVI secolo dato per distrutto e la villa di due dei più famosi patrioti varesini. E un convegno l'ha "riabilitata"
E’ nel pieno centro della città di Varese, è stato un convento di frati minori e ha ospitato per decenni alcune delle personalità più di spicco della città. Ma villa Dandolo è ormai, per tutti, solo una casa vecchia e diroccata in mezzo ai palazzi di via Medaglie d’Oro, tra un kebabbaro e un negozio di gadget.
Eppure quella villa risale, come convento, al 1500, e qualche carteggio di Giacomo Leopardi parrebbe mostrare come probabilmente il grande poeta abbia fatto tappa in quella casa, ospite di Tullio Dandolo, viveur e poeta, figlio di Vincenzo, che nell’ottocento ha abitato proprio quella casa. Anche se «quel giovanotto non mi piace punto, anche se forse mi toccherà passarci quattro giorni» come Leopardi scrisse a sua sorella Paolina.
Proprio per far riemergere questa grande storia dimenticata il Ministero dei Beni culturali e l’International research center of local history dell’università dell’Insubria hanno organizzato un incontro che ha raccontato la storia del Convento dell’Annunciata, e della villa Dandolo.
Ora la villa è una proprietà privata, i cui proprietari hanno chiesto un sopralluogo alla sovrindendenza delle Belle Arti per valutare l’importanza storica della sua facciata, prima di una ristrutturazione: «In realtà i nostri sopralluoghi hanno fatto emergere come il monastero non sia stato affatto raso al suolo come tutti credevano – spiega Roberto Nessi, incaricato dalla Sovrintendenza ai sopralluoghi per villa Dandolo – Almeno il piano terra e probabilmente il primo piano di una delle due ali sembrano risalire a quell’epoca»
L’edificio, che in certi punti vede già il tetto crollato ed è all’aspetto davvero diroccato, conserva però in parte i fasti di un tempo. Innanzitutto, quelli del monastero, nel cui comprensorio (il terreno di pertinenza arrivava fino a via Magenta e fino oltre al punto dove ora c’è la massicciata del treno) c’era una chiesa nonchè una vera e propria pinacoteca, ora sparpagliata a Varese e nel territorio, raccontata nel convegno da Laura Facchin, dell’Università degli Studi di Verona.
Poi quelli di una villa che nell’ottocento è stata una delle proprietà dei Dandolo, famiglia milanese-varesina (ma Vincenzo, quello a cui è dedicata la via della città giardino, arrivava da Venezia ed è stato "scienziato, agronomo, statista" come dice la lapide in Comune) ch ha abitato prima a Biumo poi in via Medaglie d’Oro, dove ha vissuto prevalentemente con le sue due famiglie l’unico figlio di Vincenzo, Tullio: «un viveur che ha girato molto il mondo, ha avuto due mogli e venduto la villa padronale di Biumo, ritirandosi nella villa di via Medaglie d’Oro» spiegano gli uomini del ministero. Ma che ha anche dato alla luce Enrico ed Emilio, patrioti che tra Milano, Varese e Roma hanno fatto la storia del risorgimento italiano. «Quando sono morti, entrambi erano giovanissimi: sono esponenti di quella generazione giovane, convinta che l’Italia fosse davvero una unica nazione e su questa nazione dovesse nascere uno Stato unico – spiega Antonio Orecchia, docente di storia contemporanea all’Insubria – Uno di loro morirà combattendo, l’altro invece morirà di tisi ma i suoi funerali diventeranno occasione di una grande manifestazione patriottica. In quel momento si è compreso che l’idea di nazione aveva già plasmato una grande parte degli italiani».
Insomma: quell’angolo di Varese centro, che spesso ignoriamo o guardiamo con il disappunto di chi guarda un rudere, è un pezzo di storia di Varese, che vale la pena di conoscere e conservare: «Un reperto importante in una zona molto urbanizzata , che ha subito inevitabili degradi nel tempo – spiega Andrea Spiriti, Università degli Studi dell’Insubria – Studiarlo e farlo conoscere è anche un modo per stimolarne la conservazione e garantirne una durata che credo sia i importante per i varesini: Varese come molte città storiche infatti ha subito molte perdite monumentali e numerose modifiche urbanistiche. Lo stesso mito della città di ville evidentemente sta iniziando a mostrare la corda: è necessario quindi recuperare con rigore storico i reperti più importanti». Come quello straordinario rudere di Villa Dandolo.
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