Un progetto sanitario per i libici

L’eco della rivoluzione libica arriva al Museo del Tessile dove l’associazione “Alisei” ha presentato il suo progetto di assistenza sanitaria. Il sindaco Farioli sposa l’iniziativa e sull’immigrazione commenta «faremo la nostra parte»

C’è un dettaglio della rivoluzione libica di cui in pochi parlano: la situazione sanitaria. La guerra civile che imperversa nel Paese dalla metà di febbraio sta lasciando sul campo migliaia di feriti che le strutture sanitarie locali non riescono a fronteggiare. Per questo l’organizzazione non governativa “Alisei” ha preparato un ambizioso progetto per rispondere all’emergenza a Bengasi, la capitale della Libia libera dal Rais, che è stato presentato giovedì 16 giugno al Museo del Tessile.
«Occuparci di quello che sta succedendo in Libia significa occuparci di qualcosa che ci riguarda» spiega Ruggero Tozzo, il presidente di Alisei, ai cittadini presenti, molti dei quali hanno vissuto in Libia prima del rimpatrio. Proprio per il passato coloniale «gli italiani devono dare un segnale forte ai nostri fratelli» anche se, riconosce lui stesso, «far passare questa consapevolezza nelle istituzioni e in molti cittadini è difficile per l’indifferenza, l’ignoranza o la paura verso una situazione che è ancora in profonda evoluzione». Ma la «comunanza di destini» con il popolo libico «deve spingerci ad agire». E Alisei ha deciso di muoversi per far fronte all’emergenza sanitaria dei feriti di guerra. Il progetto sviluppato con il governo di Bengasi e che durerà almeno fino a fine anno, si articola nell’invio di una equipe di medici e tecnici per affiancare il personale sanitario delle strutture della città. Oltre a questo verranno inviati materiali con particolare riferimento ai prodotti che permetteranno al laboratorio ortopedico di Bengasi di riattivare la produzione di protesi, estremamente necessarie in questo periodo. «Pensiamo di poter aiutare -continua il presidente- 1500 feriti di guerra e 70 tra tetraplegici e paraplegici». In questo modo verranno alleviate le sofferenza anche di altre 10mila persone, i parenti dei feriti.

Un progetto ambizioso che l’associazione sta diffondendo per raccogliere fondi. Servono, infatti, oltre 963mila euro. E Alisei ha già raccolto molte adesioni come l’ANPI di Monza o il comune di Sesto San Giovanni ma, ammette Ruggero Tozzo «il comune di Busto Arsizio sembra il più entusiasta».
Infatti, alla presentazione era presente anche il sindaco Gigi Farioli che spiega come il termine “pace” non sia «un irrealismo utopico ma la proiezione quotidiana di un mondo migliore». Un mondo che «oggi ci chiede aiuto e noi non possiamo non rispondere». Per questo l’amministrazione ha sposato l’iniziativa facendosi coraggiosa promotrice di «un progetto di rete per unire imprenditori, negozianti, medici e infermieri, l’università dell’Insubria e i cittadini» per offrire il maggior aiuto possibile all’iniziativa di Alisei e, quindi, alla popolazione libica. Farioli annuncia anche che «una parte dell’indennità del primo mese della nuova amministrazione verrà devoluta alla raccolta fondi progetto». E a proposito dei profughi libici che sono arrivati (o arriveranno) in Italia, Farioli commenta che «la nostra intenzione è quella di aiutarli nel loro Paese» ma che nel caso in cui se ne presentasse la necessità «anche noi faremo la nostra parte nell’accoglienza». Ovviamente chiunque può sostenere il progetto il cui dettaglio è disponibile sul sito www.alisei.org o seguendo il banner che da oggi dovrebbe essere presente sulla pagina web del comune.

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Pubblicato il 17 Giugno 2011
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