Dopo la formaggella arriva il miele d’acacia dop

Alle Ville Ponti si è tenuta l'audizione per ottenere il disicplinare. Molti i produttori di miele presenti che. sotto la supervisione dei tecnici del ministero dell'Agricoltura, hanno approvato il testo che disciplinerà la produzione "dell'oro delle Prealpi"

Varese, dopo la formaggella del Luinese, avrà un altro prodotto con il marchio dop (denominazione di origine protetta): il miele d’acacia. L’audizione pubblica tenuta alle Ville ponti con i produttori di miele che aderiscono al «consorzio qualità miele varesino» ha ratificato il disciplinare di produzione, apportando solo qualche modifica al testo, sotto la supervisione attenta dei tecnici romani del ministero dell’Agricoltura e  di quelli della Regione Lombardia che hanno consigliato gli apicoltori sui punti più controversi.
L’iter, iniziato nel 2003, si concluderà con la pubblicazione del disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale da parte del ministero. E se, entro 30 giorni dalla pubblicazione, non ci saranno opposizioni od osservazioni il tutto verrà trasmesso a Bruxelles.
Una volta registrato, i nove articoli del disciplinare diventeranno norma a tutti gli effetti e chiunque vorrà produrre e commercializzare miele d’acacia varesino dop dovrà rispettare tutti gli obblighi riguardanti le modalità di produzione e gli standard di qualità indicati. Ad esempio, gli apiari, al momento della raccolta del nettare, non possono essere posizionati ad un’altezza superiore ai 600 metri sul livello del mare.
Uno dei punti più discussi durante l’audizione è stato l’articolo 3.1 che stabilisce il tasso di acqua che dovrà avere il miele varesino dop. Il disciplinare indica una quantità pari al 17,5 % , limite inferiore rispetto allo standard che in genere varia tra il 18% e il 20%. La scelta di questo parametro è dovuta alla particolarità del miele d’acacia varesino «che è piuttosto asciutto», hanno spiegato gli apicoltori presenti. Comunque, su questo singolo punto si pronuncerà nuovamente e a breve il consorzio di qualità.
«Una volta ottenuta la dop – spiega Michele Ghezzi, tecnico del ministero dell’Agricoltura– spesso si fa fatica a capitalizzare questo risultato perché le barriere all’entrata sono troppe anche per i produttori più attenti. Inoltre, più sono i dettagli più aumentano i costi di certificazione. Questa audizione è stata di buon livello, grazie anche alla grande partecipazione degli apicoltori».
Cancellato, invece, il primo capoverso dell’articolo 9 del disciplinare che riservava l’utilizzo del marchio “miele varesino” solo agli apicoltori che «risiedono, producono e hanno il laboratorio nella zona di produzione da almeno tre anni». Una barriera protezionistica inutile, visto che chi vuole produrre con quel marchio deve attenersi al disciplinare.
L’impressione è che questa certificazione dop sia stato il risultato di un buon gioco di squadra. Per Ferdinando Fiori, presidente del Consorzio qualità miele varesino, Bruno Specchiarelli, assessore provinciale all’Agricoltura, e Bruno Amoroso, presidente della Camera di Commercio, è stata una mattinata impegnativa ma decisamente dolce.

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L’oro delle Prealpi è Dop 4 di 22
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Pubblicato il 23 Settembre 2011
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