Il ciclista senzatetto “rinato” dal web
Stefano Bruccoleri, ex restauratore di mobili, finito per strada, ha raccontato ad Anche Io la sua esperienza di «primo senza fissa dimora italiano su internet»
La bicicletta può salvare la vita. Può far ricominciare una vita, quando tutto sembra (o è) perduto: èla storia incredibile di Stefano Bruccoleri, cicloturista. Ma se questa fosse la storia di un qualsiasi cicloturista, non sarebbe forse degna di nota. Lo è per due particolari. Uno: «È una storia che inizia da un dormitorio pubblico, dove sono finito per un sfratto esecutivo per cessata locazione: facevo il restauratore, avevo il laboratorio sotto casa, con lo sfratto ho perso casa e lavoro» racconta Bruccoleri, protagonista dell’incontro ad Anche Io, presentato dal giornalista Lorenzo Franzetti e dal presidente di Ciclocittà Beppe Ferrari. Secondo particolare: il restauratore diventato senzatetto diventa poi anche blogger e scrittore. «Ho iniziato a scrivere perché sennò impazzivo, ho iniziato a scrivere le storie di chi mi stava intorno. Gli extracomunitari, ma anche chi era ancora integrato: ce n’era uno che aveva perso la casa e lavorava alla Telecom, ogni mattina usciva dal dormitorio in giacca, cravatta e 24 ore». Storie dolenti, umane, tenere, raccontate con piglio ironico e sarcastico, linguaggio schietto (e a tratti sboccato), scrittura fluente. Uno scrivere anomalo, uno stile originale per una persona che – racconta lui stesso – «ha preso la terza media a vent’anni, dopo due fallimentari tentativi con le 150 ore» (l’istruzione per operai introdotta negli anni Settanta).
Il libro si chiama "Via della Casa comunale n.1" (Ediciclo editore): è nato dall’esperienza del blog, aperto nel 2004 («Il primo senza fissa dimora italiano su internet»). Storie raccontate una ad una, spunti divertenti e pennellate sarcastiche, come quando dipinge gli assistenti sociali come «una fonte d’ispirazione letteraria inesauribile» («Mi han detto che non ho diritto alla casa perché non sono abbastanza ragazza madre»). Ma anche riflessioni che se fossero dette da chi ha una vita "normale", sarebbero false; che scritte da un senzatetto che vive la marginalità sulla sua pelle, hanno altro sapore: «Ho fatto un ritiro spirituale di due settimane con gli zingari, Sinti piemontesi che parlano dialetto. È vero, rubano i portafogli, ma i loro vecchi muoiono nel loro letto, non come i nostri. Io morirei come uno zingaro». Dal blog i racconti sono passati su carta, le prime 200 copie del libro stampate e «rilegate cucendole a mano». A maggio, il grande successo del salone del libro di Torino, le interviste sui giornali.
Stefano oggi ha una "ciclofficina itinerante" e sta per aprire la sua ciclofficina fissa, grazie ai primi proventi del libro. Ma una casa ancora non ce l’ha. Il libro è il racconto di una rinascita, tortuosa e dura come la strada fatta in bici. Il premio della strada? «È percepire questa nuova vita come se non fosse staccata da quella precedente», dice. Perché nel libro c’è un romanzo, ma anche un po’ di poesia di strada.
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