Le “galline” che portano la Baviera in Lombardia
Intervista ai McChicken, l'unica band italiana capace di ricreare l'atmosfera dell'Oktoberfest. «Il nostro sogno è suonare a Monaco. Se accadesse esploderemmo per la gioia»
L’accento li tradisce, è vero, ma al di là di quello e della loro volontà di cantare anche le canzoni più famose del dialetto milanese, potrebbero davvero passare per una band catapultata in Italia direttamente dalla Baviera. Parliamo dei McChicken Show, gruppo di culto per tutti gli appassionati di Oktoberfest e forse unica orchestra di lingua italiana (gli altoatesini Spitzbuam suonano nella festzelt della Pschorr, ma sono germanofoni…) in grado di ricreare l’atmosfera musicale che si respira nei tendoni della superfesta di Monaco.
Amici da sempre, nati – come gruppo musicale – nei paesi a Ovest di Milano, sono ormai una presenza fissa delle maggiori feste della birra delle nostre parti (dall’Ok Ein Prosit di Busto all’OktoberStì di Cittiglio): anche per questo vale la pena conoscerli meglio attraverso le parole di Lorenzo Re e Thomas Colombo, rispettivamente frontman e chitarrista delle "Galline".
Raccontateci come nasce, tra Bareggio, Corbetta e dintorni, una band capace di trasformare in Baviera i paesi della Lombardia?
«Siamo nati quasi per caso nel 2004 dalla passione per la musica e per l’Oktoberfest. Siamo un gruppo di amici con alle spalle diverse esperienze sul palco, dal metal al country, e in occasione di una festa di laurea organizzata in un pub bavarese abbiamo deciso di cantare insieme il brano Wahnsinn. L’esibizione è piaciuta, abbiamo provato qualche altro pezzo e dopo poco tempo eravamo nello stesso locale, ma dalla parte della band. Inizialmente alternavamo i pezzi a giochi e dialoghi con il pubblico, poi siamo andati sempre più decisamente verso la realizzazione di uno show originale che oggi può durare anche due ore».
E gli ingredienti sono la musica tedesca, le hit internazionali ma anche le canzoni popolari lombarde. Oltre a tanta birra.
«Esatto, e la nostra è una scelta ben precisa. Le band di Monaco alternano canzoni famose, in inglese o in tedesco, a brani in dialetto locale perché l’Oktoberfest è soprattutto una festa popolare bavarese. Noi facciamo lo stesso e inseriamo senza problemi La Bella Gigogin o i brani di Svampa o Cochi e Renato. Anche perché alla gente piacciono molto».
Buona parte del concerto però è in tedesco. La lingua è un ostacolo?
«Sì, durissimo, perché nessuno di noi sa parlare tedesco: abbiamo provato a fare qualche lezione di grammatica ma a trent’anni e passa è impossibile imparare. Allora ci siamo studiati i testi e li abbiamo ascoltati a lungo e con grande attenzione, cercando di riprodurre al meglio la pronuncia. Qualche strafalcione lo facciamo ancora, ma il risultato non è male».
I vostri viaggi a Monaco, a questo punto, sono "corsi di aggiornamento"…
«Andiamo all’Oktoberfest dal 2000 e innanzitutto andiamo per divertirci; del resto i McChicken sono nati per quello. Però è vero: finché siamo lucidi prendiamo appunti (ridono ndr) e ogni volta chiediamo consigli alle band che suonano nel tendone della Hacker. Ormai ci conoscono e ci aggiornano sulle ultime hit che propongono alla festa. Poi torniamo a casa e iniziamo a lavorare agli arrangiamenti e proviamo a interpretarle a modo nostro. Alla McChicken, per intenderci».
Il nome del gruppo però, di tedesco non ha nulla.
«La genesi è un po’ incerta, però ci piace. Tutto è nato da gajna, il termine milanese che indica le bevute… degenerate. Poi a Roby (uno dei fratelli Beretta, i Beer Brothers ndr) piace la cultura scozzese e allora abbiamo aggiunto un Mc davanti. Fa un po’ McDonald’s, ma almeno all’inizio tutti si ricordavano il nostro nome».
A pieno regime, quanti concerti tenete ogni anno?
«Una trentina abbondante e il clou è in questo periodo. Tra luglio e fine ottobre suoniamo in tutti i fine settimana, agosto escluso. L’OktoberStì e il Land of Freedom di Castellanza sono le nostre prossime tappe nel Varesotto dove abbiamo un sacco di fans».
E nel corso della vostra storia avete dovuto anche cambiare il cantante. Non una cosa da poco.
«È vero: a fine 2008 il "Cisla", Roberto Cislaghi, ci ha lasciati per una… scelta di vita. All’inzio eravamo un po’ preoccupati ma poi abbiamo trovato Paolo "Fox" Folli e fin dall’audizione abbiamo capito che era la persona giusta. Lui e Giulio, il tastierista che è anche l’unico ad aver frequentato il Conservatorio, sono gli unici che non fanno parte del nostro nucleo originale di amici (ci sono anche i già citati Roberto e Paolo Beretta e Andrea Villa) ma è come se fossero con noi fin dal principio.
Possiamo dire che il vostro sogno è quello di suonare all’Oktoberfest?
«Più che sogno, diciamo che è un’utopia. Se dovesse accadere anche solo per un paio di canzoni, probabilmente esploderemmo per la gioia ma temiamo sia praticamente impossibile. Però se sogno deve essere, continuiamo a sognare: al carnevale di Borgosesia abbiamo suonato dopo una vera orchestra tedesca che è rimasta entusiasta per il nostro lavoro. Chissà mai che un giorno accada il miracolo. Per intanto ci accontenteremmo di vedere Nanni Svampa o Renato Pozzetto a un nostro concerto, ad ascoltare le loro canzoni in stile McChicken. Sarebbe un bel premio».
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