Quelle mani (invisibili) sulla città

Seconde e terze generazioni di mafiosi: lombardi, collusi e pericolosi. Il nuovo libro di Gianni Barbacetto e Davide Milosa edito da Chiarelettere sui fenomeni mafiosi nella capitale del Nord

chiare lettere barbacettoÈ uscito ieri in libreria “Le mani sulla città”, di Gianni Barbacetto e Davide Milosa, edito da Chiarelettere.
Nonostante da anni Milano sia il centro degli interessi della criminalità organizzata, snodo del riciclaggio e luogo di incontro tra mafia e politica, la capitale lombarda viene da una storia di negazione del problema: dal sindaco Pillitteri che diceva «la mafia non esiste », fino alla Moratti che ha più volte ripetuto che «a Milano la mafia non c’è».. Se è doveroso riscontrare, nella città, l’esistenza di molte attività di volontariato, è pur vero che questo problema è stato a lungo sottovalutato. Qui, sostengono gli autori, «la ‘ndrangheta ha messo le radici da tempo».
E sfilano nomi di persone sospettate di essere vicine alla ‘ndrangheta, al fianco dei politici milanesi durante l’ultima campagna elettorale per l’elezione a sindaco – quelle da cui la Moratti è uscita sconfitta. In questa città, come illustrano gli autori, ci sono uomini politici che hanno ricevuto i voti della ‘ndrangheta. È necessario «tagliare il filo tra uomini delle cosche degli affari e della politica. Se si riesce Milano si salva», ha sostenuto Barbacetto, uno dei due autori, ospite ieri mattina di Daniele Biacchessi a Radio 24.
Vi è, nel libro, il racconto di tante storie che si intrecciano, di una serie di personaggi che non si direbbe che siano boss mafiosi. «Quello con la lupara e la coppola dobbiamo dimenticarcelo», sottolinea ancora Barbacetto a Radio 24. «Si tratta di uomini d’affari che magari sono alla seconda o terza generazione saldamente integrata al nord» e che hanno acquisito una grande capacità di penetrazione nel tessuto imprenditoriale e soprattutto politico della regione. La cocaina è stato il business iniziale da cui la ‘ndrangheta è partita, per poi espandersi nel mondo degli affari edilizi, immobiliari, della notte, cooperative di facchinaggio, locali notturni. Persino nel ramo della sanità lombarda, oppure del fotovoltaico o dei depuratori. Questa nuova generazione parla con accenti del tutto lombardi e si è arricchita di personaggi che hanno smesso di fare libero mercato perché hanno ritenuto più sicuro e redditizio spartire i loro affari con la ‘ndrangheta. «Frequentano gli stessi bar, e probabilmente il supermercato dove facciamo la spesa l’hanno costruito loro. Ma noi continuiamo a ignorarlo. Quello che stupisce è lo stile di vita. Vite da ricchi, condotte nella più totale normalità. Auto da centomila euro e vestiti firmati. Imprenditori dalla faccia pulita come copertura. Avvocati un tempo insospettabili. Giovani ragazzi milanesi che diventano corrieri della droga. Storie straordinarie e incredibili, tutte raccontate con nomi e cognomi».
Quel che rpeoccupa è che «oggi in Lombardia si paga il pizzo, si fanno affari, si spartiscono appalti, si smerciano chili di cocaina, si riciclano voti, senza che i cittadini si ribellino e soprattutto senza che le istituzioni reagiscano in modo netto, vigoroso, visibile». Ed è così che si è arrivati a cantieri che vengono costantemente bruciati, ad imprenditori che vengono minacciati, camion che vengono danneggiati nel silenzio e nell’indifferenza generale. «Qui da noi siamo più indietro che in Sicilia, dove Confindustria ha preso posizione contro le organizzazioni criminali tanto da espellere chi paga il pizzo o chi si compromette con Cosa nostra» ha concluso Barbacetto a Radio24.

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Pubblicato il 16 Settembre 2011
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