Alessandro Mari restituisce la vita alla storia
Ospite della rassegna letteraria Duemilalibri, l’autore bustocco ha presentato al Teatro Condominio il suo romanzo d’esordio sul Risorgimento dato alle stampe con Feltrinelli
«Bisogna “spaccare” le statue di Garibaldi» innalzate nelle piazze per «scoprire l’uomo che si nasconde sotto il piombo». Alessandro Mari restituisce al Risorgimento la sua «carne e il suo corpo», i suoi «odori e la sua puzza» perché solo così ci si può «avvicinare al Risorgimento e capire che gli ideali che tutti conosciamo erano fatti da uomini e avevano un corpo».
Ospite della rassegna letteraria Duemilalibri, l’autore bustocco ha presentato al Teatro Condominio il suo romanzo d’esordio dato alle stampe con la Feltrinelli "Troppo umana speranza". Un volume corposo ambientato nel Risorgimento pre-unitario, sullo sfondo di un’Italia che non è ancora una nazione e che vive in tutta la sua prorompenza la sua giovinezza.
La storia raccontata da Mari percorre come un viaggio tutti i luoghi e i personaggi che hanno segnato quell’esperienza, dal Sudamerica a Roma, passando per Londra, Genova e i porti toccati da tutti i giovani che hanno vissuto, consapevoli o meno, il percorso della storia.
Ma il perno del racconto è un personaggio in particolare, un “orfano spronato dalla semplicità che è dei contadini e dei santi”, un’“idiota”, nel senso di genuino e ingenuo, come solo può essere un ragazzo che vive nell‘800 a Sacconago e che di lavoro fa il “menamerda”.
Si chiama Colombino, è nato e lavora nel piccolo abitato di Sacconago, ai bordi della grande città di Busto Arsizio. Lavora con il letame, unica fonte di vita per l’agricoltura in quella zona, e a suo modo un simbolo con il quale Mari riporta il risorgimento alla sua forma materica e concreta. «La “merda” che maneggia Colombino nella Sacconago dell‘800 era una speranza concreta di vita – ha spiegato l’autore del libro -, anzi rappresenta la praticità della speranza. Io l’ho trovata perfetta per ricominciare la narrazione di un Risorgimento che ci è stato raccontato in modo noioso, colmo e ricolmo di retorica».
Attraverso questi espedienti Mari si avvicina agli uomini, con la precisione dello storico ma le libertà e la capacità di fissare le emozioni che solo un romanziere possiede. «Io racconto i personaggi nella concretezza della loro vita – spiega Mari -, per questo parto da un personaggio semplice come Colombino, per questo parlo dei brufoli di Mazzini, dei vizi e delle virtù di Garibaldi visto con gli occhi innamorati della splendente e sensualissima Anita».
Alessandro Mari racconta una storia che non è fatta di élite ma di uomini, con le loro debolezze e le loro speranze. Un Risorgimento che «è stato un grande sogno, un bacino di voglia di cambiare le cose che ha spinto i giovani e la giovinezza di questo paese a mettersi in cammino per cambiare le cose». Mari, che di anni ne ha 31, non ha nascosto di aver voluto raccontare la storia di una giovinezza che ha trovato lo spazio per dar vita a un proprio sogno, che ne fossero consapevoli o meno. «Il mio libro – ha raccontato Mari – è rivolto a chi, come me, non ne può di sentirsi dire che questo paese è ridotto male. Il mio è un atto d’amore verso questo paese, perché sono consapevole che nessuno delle persone che ci rappresenta oggi in Italia è in grado di trasmettere un sogno per il nostro futuro, ma è vero che il risorgimento rappresenta un’esperienza e un bacino dal quale anche i giovani di oggi possono ricostruire un sogno più fresco e attuale di quello che c’è».
Il video dell’autore tratto dallo speciale della Feltrinelli
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