Una bomba sociale chiamata pensioni
Breve e conciso il saggio di Walter Passerini e Ignazio Marino “Senza Pensioni” edito da Chiarelettere
Precari e immigrati che pagano all’Inps versamenti previdenziali a sostegno dell’attuale sistema pensionistico: loro, sempre che vedano la pensione, avranno in mano un assegno con cui sperare di sopravvivere. E’ questa la bomba sociale di cui parlano Ignazio Marino e Walter Passerini nel breve ma intenso saggio edito da Chiarelettere, “Senza Pensioni”. Si tratta di un lavoro essenzialmente divulgativo, adatto al grande pubblico anche e adeguino di numeri, cifre, scalini e scaloni dell’attuale sistema pensionistico. Il libro, 170 pagine, €13.90, è a metà fra un romanzo nel presente e un manuale di consultazione, con tanto di tabelle e redditi a seconda che il lettore sia un impiegato pubblico, o un professionista, un agricoltore o un artigiano.
Un salto nel pianeta pensioni che parte da una disamina precisa e chiara dei sistemi pensionistici nel tempo: in principio fu il sistema contributivo, la riforma Brodolini, nel 1969, ministro del governo Rumor che diede il nome ad un sistema che funzionava negli anni del boom economico, col Pil in forte crescita: la pensione “media aritmetica della retribuzione (i migliori tre anni degli ultimi 10 di contribuzione antecedenti alla data di decorrenza della pensione)”. Era cioè possibile mettere a frutto gli ultimi anni di lavoro per godere di un assegno mensile decoroso. Tutto il contrario delle riforme anni ’90, come la Dini, dove si passò al sistema contributivo: pensione in misura dei contributi versati. Questo sistema, sommato alla riforma del lavoro, – Treu prima, Biagi poi – introduttiva della flessibilità, produce, con un sistema economico affaticato, l’esercito dei lavoratori discontinui o dei co.co.co (contratti di collaborazione coordinata e continuativa) o co.co.pro (contratti di collaborazione a progetto) che perdono per strada parte delle contribuzioni, fino ad arrivare al paradosso degli immigrati.
In virtù della Bossi-Fini, infatti, e in un contesto dove l’Italia è famelica di manodopera, oltre ad obbligare il lavoratore immigrato a compiere 65 anni di età (e quindi non per anzianità) per avere la pensione, il sistema prevede la perdita dei contributi qualora non vi sia un accordo di reciprocità tra il paese d’origine e l’Italia e se non ha lavorato per 5 anni.
Una bolgia, quella che può diventare il pianeta pensioni, dove è difficile districarsi. E per questo il libro di Passerini e Marino ha un’appendice che fotografa la situazione per le diverse categorie di lavoratori. Nella parte finale del libro è presente anche un glossario “La previdenza in 40 parole”.
Ignazio Marino lavora presso la redazione di “Italia Oggi” e si è sempre occupato di previdenza.
Walter Passerini, giornalista specializzato in economia, ha ideato e diretto “Corriere Lavoro”, settimanale del “Corriere della Sera”. Attualmente cura “Tuttolavoro”, inserto de “La Stampa” dedicato all’economia e al lavoro.
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