Dai dipinti del ‘300 le regole per ben amministrare
È “Cor Magis. Il cuore, l’opera, il bene di tutti. Siena A.D. 1337”, esposizione visitabile alle Ville Ponti fino all’11 novembre
Una serie di riproduzioni degli affreschi trecenteschi realizzati da Ambrogio Lorenzetti nella sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena, conosciuti come allegoria del Buon Governo e Malgoverno. È questo il contenuto di “Cor Magis. Il cuore, l’opera, il bene di tutti. Siena A.D. 1337” l’esposizione visitabile a Ville Ponti fino all’11 novembre collocata nell’open space della Villa Napoleonica. Nella serata inaugurale di presentazione del percorso, erano poche le poltrone vuote nella sala Napoleonica del Centro Congressi Ville Ponti. Politici, uomini di cultura e tante persone hanno assistito alla presentazione dell’inizaitiva.
Perché questa mostra? Perché le riproduzioni di queste opere? «Gli affreschi del Palazzo Pubblico di Siena – esordisce Sergio Segato, Presidente della Compagnia delle Opere di Varese – dimostrano una volta in più che l’arte è uno strumento potente per prendere coscienza, attraverso la forza attraente della bellezza, delle aspirazioni più profonde della propria umanità nella sua dimensione personale e sociale. Quando si parla di governo si parla della possibilità di sostenere il bene di tutti o di far decadere la società in una massa amorfa, controllata dal potere, fino al suo inevitabile declino».
«I cittadini – prosegue Segato – o, più in generale, la società civile non sono una realtà passivamente governata, ma una realtà viva e feconda che può trasmettere e rafforzare direttamente o indirettamente i valori e i principi delle persone che la governano. Gli affreschi del Buon Governo sono di estrema attualità perché ci ricordano che il bene di una società non nasce da un automatismo o da un meccanismo sociale o economico, non può essere semplicemente organizzato da programmi governativi. Tutto prende il suo avvio dalla persona, tutto nasce dalla persona, dalla sua cultura e dalla tensione ideale che realmente vive».
«Senza che le persone – conclude Segato – si assumano liberamente e la loro responsabilità personale per il bene di tutti, il bene comune rimane una pia intenzione o rischia di diventare una ideologia».
Ma quali sono le caratteristiche artistiche dei dipinti raffigurati? «Ogni epoca – dichiara Mariella Carlotti, curatrice della mostra – agogna un mondo più bello. Nella Sala dei Nove, la sala del governo cittadino, il mondo medioevale senese ha dipinto il suo ideale di vita comune. Giudicare un’epoca è giudicare il suo ideale, magari mille volte tradito: un uomo, un popolo non è ciò che riesce a realizzare – in questo entrano in scena fattori non determinabili dalla volontà -, ma ciò che desidera, ciò che costituisce il movente di ogni pensiero e di ogni azione. La fede cristiana condivisa rendeva gli uomini del Trecento senese tesi a realizzare una concordia in cui trovasse strada il compimento storico di ognuno. Negli affreschi di Lorenzetti si vede l’opposizione drammatica tra la ricerca del bene proprio – origine di ogni violenza – e la tensione al bene comune che, mentre realizza una convivenza armonica, salva l’io, conservandone le dimensioni proprie, non riconducibili a un piccolo possesso, sproporzionato al suo animo. L’effetto è un mondo più bello, una città e una campagna – come sono ancora quelle senesi, proprio per questa eredità – sulle quali si è stampata l’armonia di un’epoca».
«Nella mostra – conclude la Carlotti – sono riprodotti questi affreschi, per mostrare, con la persuasività della bellezza, che il bene di tutti è più “mio” dell’individualismo».
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