Padri nobili e abili manager
Di Pier Fausto Vedani
Ieri mattina mi sono recato al "Circolo" per un controllo medico, legato al tempo che alla mia età vola, e ho colto l’occasione per iniziare una verifica che, portata a termine parecchie ore dopo, avrebbe dato un risultato molto interessante. Infatti negli ambienti accademici e ospedalieri, medici di lungo corso o agli inizi della carriera – non pochi dei quali conosciuti come "distanti" dal rettore dell’Insubria – non hanno esitato a schierarsi con il professor Dionigi, processato e fucilato mediaticamente sulla base delle accuse del suo collega Lanzetta più volte bocciato al concorso per un posto di primario nella nostra Università nonostante altrettante successive sentenze a suo favore da parte della giustizia amministrativa. Con una percentuale bulgara gli intervistati si sono schierati dalla parte del rettore, rifacendosi in molti alle dichiarazioni rilasciate nell’immediato dal professor Cherubino a Varesenews.it, altri avendo constatato impegno e capacità scientifiche di Dionigi nella gestione dell’ateneo. Un ok pieno, convinto, fondato sul sentimento.
Nessuno di questi medici, certamente per ragioni di età, ha comunque ricordato il primo motivo di riconoscenza e stima nei confronti del rettore: il suo formidabile apporto alla crescita, forte e sicura, dell’Università. L’Insubria ha avuto certamente padri nobili in personaggi come Fornari, Valcavi, Taborelli ed ha avuto anche l’aiuto di politici illuminati (Franchi, Zamberletti, Portatadino, e il professor Giovanni Binaghi al tempo del suo mandato senatoriale) ma senza
la spinta di Dionigi non sarebbe andata lontano.
Che ci fosse a Varese grande solidarietà nei confronti del rettore era scontato, pensavo invece che fossero meno numerosi gli smemorati o i distratti nella corsa al sostegno non solo di un grande chirurgo ma di un abile manager: infatti Renzo Dionigi non solo ha lanciato l’ateneo ma ha sempre avuto il riscontro della validità della sua gestione nei plebiscitari risultati delle elezioni alla fine di ogni mandato.
Quanto alla vicenda Lanzetta certamente essa appare incredibile, ma non possono non avere riflettuto il rettore e i commissari varesini sulle conseguenze di tanta pervicacia nel trombare l’illustre chirurgo a ogni concorso.
Un giorno o l’altro si arriverà a definire la questione.
Al momento l’ultima parola non spetta certamente né al professor Lanzetta nè al mio supercronista preferito del Corriere, sul quale mio papà negli Anni Trenta mi insegnava a riconoscere consonanti e vocali.
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