Rosilla Gambini: “Mio padre e mio nonno maltrattati da Busto”
La nipote dell'architetto che progettò la Cà Bianca, minacciata dalla demolizione, giura che quella facciata è liberty originale e parla anche delle opere del padre Ivanhoe, tra gli ideatori del futurismo, che il Comune non ha mai valutato
Rosilla Gambini è furiosa, ora vogliono abbattere un’altro pezzo di storia della sua famiglia, intrecciata a doppio filo con quella di Busto Arsizio grazie al nonno Silvio, architetto di fama nazionale, e al padre Ivanhoe, uno dei più apprezzati pittori del futurismo. Anche lei, insieme allo storico dell’arte Maurizio Scudiero, ha deciso di unirsi al comitato di cittadini che ha già raccolto 800 firme in difesa della Ca’ Bianca, l’edificio al centro di una rovente polemica perchè considerato dai firmatari un edificio da conservare come esempio di liberty mentre l’assessore Giampiero Reguzzoni sostiene non lo sia.
L’edificio che fa da angolo tra le vie Biancardi e Pisacane era stato progettato da Silvio Gambini, padre di Ivanhoe e nonno di Rosilla che, ora, ha deciso di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. «Di mio nonno sono già stati demoliti ben due edifici – lamenta Rosilla – mentre mio padre non ha mai ricevuto un riconoscimento degno di tale nome da questa città sempre più votata al brutto».
La signora Gambini, che abita in via Pisacane da sempre, ricorda anche che «quella facciata non è mai stata toccata nel dopoguerra, era così anche prima e chiunque affermi il contrario sa di non dire il vero». La sua polemica, però, tocca anche la mancanza di riconoscimento nei confronti del padre, tra i più importanti esponenti del futurismo, una corrente artistica che è stata rivalutata dopo gli anni dell’oblio perchè considerata troppo vicina al fascismo: «Nel 2012 alcune opere di mio padre faranno parte di una mostra sul futurismo a Palazzo Strozzi di Firenze. A Busto le sue opere sono state esposte solo una volta nel ’91 al PalaBandera quando a dirigerlo c’era il dottor Occhipinti».
Dopo quell’avvenimento sul Gambini è calato un silenzio che sa di ostracismo: «Più volte ho

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