Bilancio positivo per i primi dieci anni del Museo Baroffio
Laura Marazzi, direttrice del Museo, traccia la storia del piccolo museo in cima al Sacro Monte

Il Museo Baroffio festeggia i dieci anni dalla riapertura. Qual è il bilancio di questi anni di attività?
È un bilancio positivo: per i numeri, che sono un fondamentale riscontro, perché i visitatori sono andati crescendo, salvo uno stallo tra il 2007 e il 2008 dovuto a cause esterne, problemi “logistici” relativi in generale al Sacro Monte e alla sua accessibilità che ci hanno tolto tanto fiato. Attualmente non risentiamo – o forse non ancora – della crisi. Ma il bilancio è positivo soprattutto per ciò che è più difficilmente misurabile: il Museo ha superato le diffidenze di molti che pensavano fosse un Museo povero o poco interessante; è entrato nel cuore di tanta gente che periodicamente ritorna per partecipare alle nostre iniziative o per mostrarlo ad amici o parenti; aumentano gli iscritti alla nostra newsletter, segno di un interesse crescente. Il Museo si è affermato come una realtà riconosciuta nell’ambito del circuito turistico non solo provinciale; si è posto quale interlocutore autorevole verso scuole, università, altri musei ed istituzioni culturali; si è aperto oltre l’ambito locale, per esempio con l’iscrizione all’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani. E il riconoscimento della Regione Lombardia, ottenuto quest’anno, è un suggello importante per questi primi dieci anni.
È un bilancio positivo: per i numeri, che sono un fondamentale riscontro, perché i visitatori sono andati crescendo, salvo uno stallo tra il 2007 e il 2008 dovuto a cause esterne, problemi “logistici” relativi in generale al Sacro Monte e alla sua accessibilità che ci hanno tolto tanto fiato. Attualmente non risentiamo – o forse non ancora – della crisi. Ma il bilancio è positivo soprattutto per ciò che è più difficilmente misurabile: il Museo ha superato le diffidenze di molti che pensavano fosse un Museo povero o poco interessante; è entrato nel cuore di tanta gente che periodicamente ritorna per partecipare alle nostre iniziative o per mostrarlo ad amici o parenti; aumentano gli iscritti alla nostra newsletter, segno di un interesse crescente. Il Museo si è affermato come una realtà riconosciuta nell’ambito del circuito turistico non solo provinciale; si è posto quale interlocutore autorevole verso scuole, università, altri musei ed istituzioni culturali; si è aperto oltre l’ambito locale, per esempio con l’iscrizione all’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani. E il riconoscimento della Regione Lombardia, ottenuto quest’anno, è un suggello importante per questi primi dieci anni.
Che tipo di pubblico frequenta il Museo?
All’inizio era prevalente il pubblico dei pellegrini ed era dominante un’età medio-alta. Nel corso degli anni il pubblico si è diversificato: sono cresciuti i turisti stranieri, complice il riconoscimento UNESCO e il tempo speso per chiedere di aggiornare le guide, i siti internet che parlavano di noi con dati inesatti. È stato fatto un notevole sforzo nella comunicazione. Abbiamo intercettato anche il popolo dei “gitanti”; abbiamo ottenuto buona risposta da associazioni culturali, gruppi legati a biblioteche. Ed è molto bello vedere che sempre più spesso gli immigrati della nostra zona, quando vogliono mostrare a qualcuno qualcosa di bello, salgono con orgoglio al Sacro Monte e non rinunciano ad offrire una visita in Museo. L’età media dei visitatori è scesa nettamente grazie alle proposte del Museo, all’attività didattica e al giusto rilievo che abbiamo saputo dare alla sala contemporanea.

Il “bacino d’utenza” continua ad essere quello sovraprovinciale che è storicamente affezionato al Sacro Monte: Varese, Milano e dintorni, la zona del Verbano, Novara, la Brianza, Como, ma anche una buona parte del Canton Ticino.
I varesini – da molti dei quali all’inizio venivamo snobbati – hanno superato le loro ritrosie e sono ora una porzione importante, anche se con l’attuale apertura gratuita arrivano ancora persone che abitano a due passi da qua che prima d’ora non avevano sentito l’esigenza di entrare (significa che – nonostante tutto – non siamo riusciti a comunicare in modo del tutto efficace la bellezza del Museo).
Che tipo di collezione permanente caratterizza il Museo Baroffio?
C’è la collezione del Santuario di S. Maria del Monte, che parla direttamente della storia secolare del luogo, e c’è la collezione privata del nobile Giuseppe Baroffio che parla non solo il linguaggio locale, perché uno degli elementi d’eccellenza è il corpus di dipinti fiamminghi e olandesi, e che abbraccia non solo i temi del sacro, regalando una varietà inaspettata. Infine c’è la sezione di arte del Novecento, dedicata alla figura della Madonna, che in gran parte si è costituita per la donazione di Mons. Macchi, a cui va tutto il merito di aver dato nuova vita al Museo con l’ultimo restauro. Anche il decennale si è aperto sotto il suo segno perché in questo periodo è esposta per la prima volta una Natività di Aldo Carpi da lui donata. Si deve alla sua lungimiranza la gran parte dei frutti raccolti in questi dieci anni.
Qual è l’opera più importante del Museo?
Difficile dirlo. C’è la più antica immagine della Madonna (1196 circa) che sia sopravvissuta in questo luogo di così lunga devozione mariana: è una bellissima scultura di cui conosciamo anche – dato eccezionale per l’epoca – gli autori. Una delle opere più ambite dagli studiosi è il codice con le miniature di Cristoforo de Predis (1476). Una delle più preziose è il paliotto donato a fine Quattrocento dal duca di Milano Ludovico il Moro. Alcune opere fiamminghe sono entrate in programmi di ricerca europea. I nomi di Matisse, Rouault, Buffet, Guttuso, Sironi, Sassu e di alcuni altri “moderni” sono di sicura importanza.
Quali programmi avete per il prossimo anno?
Abbiamo dato il via alle iniziative del decennale, che si faranno più corpose nel 2012, con l’apertura gratuita del mese di apertura natalizia, promossa dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte che affianca in modo sostanziale la Parrocchia, proprietaria del Museo. È in via di definizione il programma: in ogni caso all’offerta di eventi culturali si vorrebbero affiancare alcune iniziative “strutturali”, che mancano da troppo tempo, come la pubblicazione di una guida completa del Museo, se non di un vero e proprio catalogo. Abbiamo stampato la guida per i bambini, ma manca quella per gli adulti!
Il Museo ha inaugurato visite guidate e laboratori didattici per i più piccoli. Come ha risposto il pubblico?
In modo sorprendente. La sezione didattica è stata creata dieci anni fa. Inizialmente ci siamo dedicati di più alla didattica per adulti e siamo riusciti a offrire un catalogo di più di venti visite a tema che i gruppi possono richiedere gratuitamente. Non riuscivamo a intercettare le scuole. Poi abbiamo pubblicato la guida per i bambini e la musica ha cominciato a cambiare. Ma la svolta c’è stata nell’estate 2010, quando abbiamo dato il via a iniziative per il pubblico delle famiglie con bambini: genitori e nonni hanno cominciato a venire apposta, anche da Milano o dal Piemonte, per portare figli e nipoti alle nostre attività. Da allora hanno fatto la differenza sul numero complessivo dei visitatori, ma hanno avuto anche un effetto positivo sulle scuole elementari perché i bambini “conquistati” dai nostri percorsi sono stati degli ottimi sponsor con compagni e maestre.
Tante soddisfazioni in questi dieci anni, dunque?
Sì. Naturalmente avremmo potuto fare molto di più e meglio, ma vedere tornare bambini saltellanti è una soddisfazione; ricevere i complimenti da varesini scettici che escono dicendo “Non pensavamo…”, è una soddisfazione; vedere una badante russa che “fa strada” in Museo a un’amica, come fosse casa sua, è una soddisfazione; vedere un ricercatore venuto dagli USA che va in brodo di giuggiole osservando le nostre miniature, è una soddisfazione; vedere l’affiatamento del gruppo dei nostri preziosi e infaticabili volontari del VAMI e il bel rapporto che si è creato tra noi, è una soddisfazione.
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