Ecco le “vere” lobby del privilegio
Esce per Chiarelettere, libro di Franco Steffenoni “I veri intoccabili: commercialisti, avvocati, medici, notai, farmacisti”
Una vera riforma degli ordini professionali finora non è stata ancora possibile, e molte professioni sembrano reggersi su una certa forma di ereditarietà dinastica. Di questo si parla nel libro di Franco Steffenoni “I veri intoccabili: commercialisti, avvocati, medici, notai, farmacisti. Le lobby del privilegio” edito da Chiarelettere, attraversando inchieste e scandali relativi a modalità di accesso alla professione non sempre limpide e trasparenti, oppure a sanzioni disciplinari che giungono con notevole ritardo.
Gli ordini professionali – ce ne sono 28 – costituiscono una sorta di partito trasversale a cui è iscritto una buona fetta dei nostri parlamentari. Con l’avvento della seconda Repubblica e la discesa in campo di Silvio Berlusconi, il 45% dei parlamentari è iscritto ad un ordine professionale. I più di loro provengono dall’ordine degli avvocati. A seguire, da quello dei giornalisti, poi dei medici ed infine degli ingegneri.
Tra il 2006 e i 2008, quando Presidente del Consiglio divenne Romani Prodi, la parte del leone la fa la Lega nord con ben il 70% dei senatori leghisti appartenenti ad un ordine professionale; il 56% di Alleanza nazionale e il 46% di Forza Italia.
Nonostante la loro presenza nel centrosinistra sia inferiore a quella del centrodestra, si può dire che il “partito traversale” degli ordini costituisce in astratto una categoria compatta a difesa di se stessi. Una lobby capace di opporsi a qualsiasi liberalizzazione. Non a caso, l’ordine dei farmacisti, in accordo con Federfarma, è riuscita recentemente a bloccare la proposta di vendita dei farmaci di fascia C presso le parafarmacie, presso le quali – è bene dirlo – lavora personale qualificato laureato in farmacia e iscritto all’ordine, che non può permettersi di acquistare una farmacia a tutti gli effetti. Era stato Bersani a dare la possibilità alle cosiddette parafarmacie di vendere i medicinali da banco, vendibili senza ricetta, aprendo la strada a quanti avrebbe avuto grandi difficoltà ad aprire una farmacia tradizionale, «perché le gare sono concepite in modo da favorire chi ha già una ‘tradizione’ nel campo, in sostanza gli eredi dei farmacisti. E per migliaia di giovani laureati la prospettiva era di fare i dipendenti a vita».
Da decenni Confindustria si batte perché ci si avvii verso al liberalizzazione delle professioni, da cui si stima che il Pil possa aumentare di diversi miliardi di euro nel giro di qualche anno. Per fare questo, bisognerebbe che i liberi professionisti si organizzino in sindacati ed associazioni di categoria in funzione di rappresentanza di interessi e ben distinte dagli ordini professionali, cui spetterebbero comunque i compiti di regolamentazione dell’accesso alle professioni – evitando barriere all’ingresso -, e di vigilanza sul codice deontologico.
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