Impiegati pubblici: “L’epoca del posto assicurato è finita”
È stata un'assemblea affollata quella dei lavoratori del pubblico impiego in Camera di Commercio. Lavoratori disorientati dalla manovra del Governo Monti. I sindacati: «Alla fine i nostri tagli saranno paragonabili a quelli della Grecia»
«Il posto pubblico non è più un lavoro sicuro. Non siamo più lavoratori garantiti, siamo come tutti gli altri: la cassa integrazione e il licenziamento toccano anche noi. Mettiamocelo bene in mente». Niente è più come prima, nè per Giuseppe Ventura, dipendente dell’Inps, nè per i tanti dipendenti pubblici intervenuti in massa all’assemblea convocata dai sindacati, Cgil, Cisl e Uil, nella Sala Campiotti della Camera di Commercio. Ci sono quelli dell’Inpdap (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica), dell’Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale), del provveditorato agli studi, della commissione tributaria, del tribunale e della stessa Camera di Commercio.
Quello del pubblico impiego, in provincia di Varese, è un universo composto da oltre 15 mila persone (Fonte Cisl): lavoratori delle amministrazioni locali (5.572), della sanità (7.958), degli enti statali (1.149) e parastatali (524). Un «esercito» di uomini e donne, disorientati dall’incertezza sul loro futuro, che non è più garantito da nessuno. «Quando le rsu a marzo ci daranno le cifre aggiornate – commenta Giancarlo Ardizzola della Cgil – scopriremo che i tagli al pubblico impiego in Italia ammonteranno in questi ultimi 5 anni ad almeno 200 mila lavoratori. Dunque, non abbiamo nulla da invidiare alla Grecia».
Molti interventi richiamano i lavoratori all’unità, ad un nuovo patto di solidarietà. La grande bocciata è invece la politica, che in questi anni ha sfruttato la sicurezza del «posto pubblico» per guadagnare consenso alle urne, per poi scaricare sui lavoratori il peso di un’inefficienza figlia di governi clientelari. «È un fallimento storico – dice Santi Moschella, impiegato della Commissione tributaria provinciale- da Tremonti a Brunetta, fino al federalismo che non tiene conto delle amministrazioni sul territorio. L’unità sindacale è una strategia, ma non è un progetto completo».
Gabriele Dellutri della Uil sintetizza l’insipienza della politica italiana in una battuta: «i politici stanno lavorando sul superfluo, non sul necessario. Confondono l’opinione pubblica facendo passare sacrifici pesanti, come se fosse l’abbattimento dei privilegi». «Quella stessa opinione pubblica – aggiunge Mauro Catella della Cisl – che aizzata contro gli impiegati pubblici, non si rende conto che i tagli generalizzati alla pubblica amministrazione significano perdita di servizi importanti».
Dalia non ha l’aria della privilegiata. Ha 63 anni, guadagna 1450 euro al mese e da 35 anni versa regolarmente i contributi. Ha ancora un mutuo da pagare per la prima casa. Pensava di non farcela a pagare tutto. È per questo che in pensione non ci è andata prima. Ma alla fine dell’assemblea del pubblico impiego ha una sola domanda: «Chi mi dice quando ci potrò andare?».
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