Infermiera del 118: ogni telefonata è un’incognita

Annalisa lavora al 118 di Varese dal 1999. È stata una delle prime ad entrare nel servizio dell'emergenza urgenza. Una professione che chiede concentrazione e prontezza di riflessi per salvare la vita

Annalisa Maraggia, infermiera 118 di Varese Annalisa è un’infermiera giovane anche se ormai…. "navigata". Diplomata nel 1992 ha imboccato subito una strada pesante: « Già durante il tirocinio mi ero appassionata alla terapia intensiva – ricorda Annalisa – si dice che sia l’anticamera dell’obitorio, ma non è assolutamente vero. Sono immobili, silenziosi, ma non per questo non comunicano, non hanno esigenze, non sentano il bisogno del contatto con la realtà. Come infermiera riesci ad entrare in sintonia con quel silenzio, raccoglierne i messaggi, il loro particolare linguaggio. C’è molta empatia in quel rapporto e grande sensibilità».

Quando la Regione imboccò la strada del 118, Annalisa scelse di approvare la nuova sfida: « All’inizio mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Ma era tutto nuovo per tutti, il servizio stava nascendo con noi. Sono arrivata alla centrale operativa nel 1999 e nel 2000 ho iniziato a uscire in ambulanza e poi con l’automedica».

Alla centrale operativa o in ambulanza, Annalisi vive da 11 anni in prima linea: « In questo lavoro non c’è tempo di riflettere troppo sulle emergenze. Si esce e, in velocità, devi renderti conto di ciò che vedi, reagire con prontezza. Concentrazione e osservazione per dare risposte in pochi secondi. Poi, quando torni a casa, tutto il vissuto ritorna e ti interroghi sulla vita di quel paziente, sulle sue aspettative, sulla fragilità di un’esistenza che può essere stravolta in un secondo. Il fatto è che noi soccorriamo e stabilizziamo il paziente e lo portiamo in Pronto soccorso: questo spezza il nostro legame e ci lascia aperto l’interrogativo sul futuro. Una volta rientrati cerchiamo sempre di conoscere le condizioni di chi abbiamo soccorso, proprio per quel rapporto che si instaura anche se per un periodo limitato».

Annalisa è spesso in sala operativa a ricevere le richieste di aiuto: « Qualche volta chi chiama è preso dall’ansia, a volte anche dalla rabbia perchè deve dire due volte le stesse cose ( per il doppio passaggio dal centralino 112Nue). Noi dobbiamo fare una serie di domande per inquadrare la situazione e rispondere al meglio. Questa cosa qualcuno non la capisce, ci chiede di sbrigarci e di non sprecare tempo in chiacchiere: così sottovaluta l’importanza di quelle domande necessarie.  Capita che dobbiamo usare un tono inflessibile proprio per contenere l’emotività di chi è al telefono».

Fare l’infermiera non è stata una scelta difficile per Annalisa che ha sempre avuto l’esigenza di "mettersi al servizio", le sue giornate sono molto varie e non sa mai cosa  possa capitare: « Le uscite che mi mettono più in ansia non sono quelle delle grandi emergenze, perchè lì sai sempre cosa devi fare. Paradossalmente, quelle che creano più inquietudine sono le situazioni meno problematiche dove sei costretto a entrare in contatto con il paziente, il suo vissuto, il contesto magari carico di emozioni . Questo è un lavoro che mi ha aiutato molto: io sono timida ma non quando quando esco in ambulanza. Non mi sono mai trovata in mezzo a episodi difficili: in generale ci sono sempre le forze dell’ordine a occuparsi dell’ordine pubblico. E anche quando siamo arrivati per primi non ho mai avuto problemi: a distanza di 10 anni, la gente conosce perfettamente il servizio e come operiamo e c’è grande rispetto. Forse ci conosce un po’ troppo! Infatti gli abusi non si contano: telefonate che pretendono l’ambulanza anche quando non ce n’è bisogno. E questo succede soprattutto nei centri urbani…».

Annalisa sta per iniziare il turno. Non sa come sarà la sua giornata, ma sa che potrà fare ciò che ha sempre voluto fare: dare aiuto agli altri. 


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Pubblicato il 09 Dicembre 2011
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