La Giobia alla prova del tempo

E’ forse la più sentita tradizione cittadina e richiama, ogni anno, centinaia di persone. Anche quest’anno il 26 gennaio si riaccenderanno i fuochi che, secondo la tradizione, avrebbero ridato fertilità al terreno

Nessuno sa quando esattamente sia iniziata la tradizione, ma da secoli nell’ultimo giovedì di gennaio le piazze e i cortili di Busto si riempiono di fantocci consumati dalle fiamme. E’ la Giobia, la tradizione (forse) più sentita dall’intera città. Anche se ormai sono lontani i tempi in cui i giovani bustocchi correvano per le vie della città chiamando con pentole e coperchi tutti ad assistere al falò, la tradizione non è certo scomparsa con il passare degli anni. Proprio in questi giorni, infatti, i loro “moderni successori” stanno preparano i loro pupazzi, riempiendo di carta e cartone vecchi indumenti da lasciar poi consumare dalle fiamme nel cortile di casa, a scuola, all’oratorio o in piazza. Un tempo, però, i pupazzi si limitavano semplicemente ad un uomo con camicione e pantaloni e ad una donna con voluminosi mutandoni e grembiule mentre oggi, queste tradizionali giobie, non esistono quasi più. Con l’andare del tempo hanno lasciato il posto a pupazzi ispirati ai temi di più pressante attualità. Il tema che ha sollecitato la fantasia dei comitati che preparano le giobie resta fino alle ultime ore il più possibile segreto e, per il momento, gli unici ad aver rivelato il tema per quest’anno sono i ragazzi di Comunità Giovanile che si concentreranno sull’ormai celebre “spread”.

Per poter ammirare (e scoprire) i pupazzi, che spesso diventano vere e proprie sculture, bisognerà quindi aspettare l’ultimo giovedì di gennaio e passeggiare per le vie di piazza santa Maria dove le Giobie aspetteranno il fatidico momento dell’accensione del fuoco.  Che la tradizione sia molto sentita lo dimostra anche il fatto che, tutti gli anni, sono sempre di più le associazioni che investono tempo ed energie nel partecipare al momento. In prima fila gruppi come quelli de “ul cuarantacénch” e de “la Famiglia Bustocca” a cui, col tempo, si sono avvicinati altri gruppi come alcuni oratori cittadini e i ragazzi delle scuole cittadine.

E così, da molto tempo quel giovedì, che quest’anno sarà il 26, l’aria della città si riempirà dell’odore acre del fumo, la fuliggine ricoprirà qualche tetto della città e lunghe lingue di fuoco si innalzeranno nei cieli, rischiarando il buio della notte. Ma se un tempo l’aspetto importante della ricorrenza era quello simbolico, con l’idea di ridare fertilità -grazie al fuoco purificatore- ad una terra resa sterile dal freddo invernale, in anni più recenti la manifestazione ha ripreso e accentuato l’aspetto più folkloristico e sociale: la convivialità. Già in epoche antiche, infatti, mentre le ultime braci dei focolai si spegnevano gradualmente, i bustocchi si ritiravano in famiglia o tra amici per gustare il tradizionale risotto con la “luganiga” (anche questo simbolo di fertilità).

Oggi questa tradizione che persiste in molte cucine accompagnandosi anche con l’altro piatto forte della cucina nostrana, polenta e bruscitti, si è arricchita di un nuovo elemento: la cena in piazza. Da molti anni, infatti, il distretto del commercio offre alle molte centinaia di persone scese in piazza i piatti di questa tradizione.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Gennaio 2012
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