La Lega di Bignasca contro i “padroncini italiani”
Per i leghisti gli artigiani che arrivano dall'estero, così come i frontalieri, sono troppi e sottraggono il lavoro alle imprese locali: «Servono quote all'ingresso»
Non sono solo i frontalieri gli "invasori" da temere. Il partito di Bignasca si schiera contro un altro nemico, gli artigiani italiani che lavorano in Ticino. Idraulici, imbianchini, elettricisti. Quei piccoli imprenditori che arrivano soprattutto dal Varesotto, da Verbania e dal Comasco e che in tempi di crisi trovano nel Ticino un mercato che offre impieghi saltuari. Servono quote per contenere gli ingressi, ribadisce il partito, perché proprio come per i lavoratori l’accusa è la stessa: sarebbero troppi e porterebbero via lavoro alle imprese locali. «Nei primi nove mesi dello scorso anno – scrive in una nota il consigliere nazionale leghista, Lorenzo Quadri – in Ticino le notifiche di lavoro di breve durata (meno di 90 giorni) da parte di artigiani, distaccati, padroncini UE (la stragrande maggioranza italiani) sono state oltre 15.200, ovvero 2.500 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Simili cifre sono, a non averne dubbio, allarmanti: riportate sull’arco di 12 mesi significano infatti che, nel 2011, le notifiche sono state circa 20mila, ossia quasi il triplo rispetto a pochi anni fa, quando ancora si navigava sulle 7000-8000. Le previsioni avanzate dalla Lega dei Ticinesi in tempi non sospetti si sono dunque puntualmente avverate».
La Lega non contesta solo le cifre, anche la mancanza di reciprocità e chiede regole all’ingresso più selettive: «L’evoluzione dell’economia del nostro Cantone non giustifica affatto una tale esplosione, legata tra l’altro all’estrema facilità con cui si permette ad artigiani e ditte d’Oltreconfine di lavorare in Ticino, mentre, quando si tratta di svolgere il percorso in senso inverso, nella Vicina Penisola vengono applicati ben altri parametri. A queste 20mila notifiche annue vanno ovviamente aggiunti i 52mila frontalieri in continuo aumento, specialmente negli uffici, ovvero là dove la forza lavoro residente basterebbe ed avanzerebbe a coprire le necessità dell’economia. Il tutto accade mentre il tasso ufficiale di disoccupazione in Ticino è tornato a salire al 5.1%. E questo malgrado la rilevante opera di cosmesi statistica effettuata con la riforma LADI entrata in vigore lo scorso primo aprile, la quale ha fatto sparire dai dati ufficiali della disoccupazione numerosi senza lavoro. Le 15’200 notifiche nei primi 9 mesi del 2011 rappresentano un evidente distorsione del mercato del lavoro, davanti al quale si impongono dei provvedimenti, leggi l’introduzione di contingenti. Poiché, come ha di recente dichiarato il ministro dell’Economia Schneider Ammann, ci sarebbero ora i presupposti per far ricorso alle clausole di salvaguardia previste dagli Accordi bilaterali, sarebbe necessario che ciò si traducesse nell’introduzione di un sistema di contingentamento. Dal punto di vista non solo statistico, ma anche pratico, è inoltre necessario poter disporre quanto prima non solo del numero delle notifiche insinuate in Ticino nell’intero anno 2011 da parte di artigiani, ditte, ecc d’Oltreconfine, ma occorre pure conoscere a quante giornate lavorative dette notifiche corrispondono, così da poter quantificare, almeno in maniera approssimativa, le centinaia di milioni di Franchi andati persi all’economia locale a vantaggio di operatori d’oltreconfine».
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