La memoria non basterà mai
In questa giornata è la storia a venirci a chiamare, ci chiede di accantonare la quotidianità e ascoltare. Perché il dovere di raccontare non spetta soltanto ai sopravvissuti
«La testimonianza per quanto sia un dovere, è una goccia nel mare della non conoscenza. I testimoni ormai sono pochissimi e non solo perché scompaiono ma perché più si invecchia più fatica si fa, e a un certo punto si preferisce smettere». Parole di Goti Bauer, arrestata il 2 maggio del 1944 a Cremenaga e deportata ad Auschwitz il 16 maggio dello stesso anno. Goti venne liberata il 9 maggio del 1945 e fu a partire dagli anni Novanta che cominciò a testimoniare. Sono soltanto quelli gli anni in cui i sopravvissuti iniziarono a portare le proprie testimonianze nelle scuole. Uno dopo l’altro riuscirono a raccontare il proprio dolore davanti a persone mai viste prima, ad adulti e ragazzi, per far sì che la Shoah non fosse archiviata soltanto come una cupa pagina del passato. La persecuzione degli ebrei per mano nazista è una tragedia del presente, una tragedia da «Urlare», come dice Liliana Segre, nell’intervista raccolta da Daniela Padoan nel libro "Come una rana d’inverno" (ed. Bompiani). «Urlare. Questo vorrei fare mentre parlo. Non una parola ma un urlo selvaggio, perché quello che mi verrebbe da esprimere è proprio dell’uomo primitivo».
Sulla funzione e l’opportunità della Giornata della Memoria, istituita nel 2000 dal Parlamento italiano, a lungo si è discusso. Ma di certo è anche grazie all’esistenza di questo 27 gennaio che nessuno oggi può dire di non aver udito almeno una volta quell’urlo di cui parla Liliana Segre. Il 27 gennaio è un giorno come tutti gli altri. Ma è anche l’unico dell’anno in cui è la memoria a venirci a chiamare: è il giorno in cui ci viene chiesto di distogliere lo sguardo dalla quotidianità e di ascoltare. Ascoltare e poi riflettere e commemorare perché il dovere di tramandare non spetta soltanto ai sopravvissuti. Più passano i mesi più la Shoah diventa lontana e abbiamo bisogno di conoscerla e di saperne parlare per proteggerla dal trascorre del tempo e dall’indifferenza.
«Anche se sono in tantissimi a invitarci – racconta Goti Bauer – non si può andare dappertutto, senza contare che molti insegnanti richiedono la nostra presenza non perché faccia parte dei loro interessi ma perché adesso c’è l’obbligo di legge del Giorno della memoria. Qualche volta mi sembra che sia stato esagerato istituirlo; prima o poi la gente dirà basta adesso, ci avete stufato perché su tutti i canali, su tutti i giornali, devono per forza parlarne tutti, a proposito e a sproposito, per ventiquattr’ore filate, e poi basta. Ma chi lo sa, forse è stato comunque un provvedimento importante, perché nonostante tutto ci sono scolaresche che non vengono mai invitate a leggere un libro sull’argomento o a vedere certi filmati, e moltissimi non sanno e non sapranno mai abbastanza. È per questo che dico che, per quanto uno si sforzi di fare veramente il massimo, non raggiunge che un’infinitesima parte di quello che sarebbe doveroso e giusto fare. E poi penso sempre che ogni testimonianza, per quanto tragica , sia soltanto una piccola parte, un tassello dell’insieme che tutti noi abbiamo vissuto e che la maggioranza di noi non ha potuto raccontare. Ciascuno di noi racconta qualche cosa che è diverso soltanto nei particolari ma che è simile nella sostanza, perché ognuno ha perso la sua famiglia, ognuno ha vissuto la paura continua di non uscirne più. Questo è comune e tutti i sopravvissuti, ma allo stesso tempo nessuna delle testimonianze è sufficientemente descrittiva della situazione generale. Bisognerebbe leggerle tutte, e anche allora non basterebbe».
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