Fassina (Pd): “L’articolo 18? Non si tocca”
Il responsabile dell'economia del partito di Bersani in città esprime dissenso verso i progetti del premier Mario Monti. Il partito non collaborerà a una riforma che abolisca le vecchie tutele
Mario Monti dice che «l’articolo 18 frena la crescita» ma il responsabile economico di uno dei partiti che lo sostiene, Stefano Fassina.del Pd, è in totale disaccordo: «Non è vero, insistere sull’articolo 18 è inutile e pericoloso, non si capisce perché il governo voglia intervenire su questo punto. Continuare a battere sulla questione dei licenziamenti, poi, deprime la gente, porta sfiducia, influisce negativamente sui consumi». Contrasto netto. Da adesso in poi per il governo è una corsa a ostacoli. Il Pd ha una linea molto dura sulla riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (quello che prevede il ricorso al giudice in caso di licenziamento e che di solito si traduce in cause di qualche anno con vittoria quasi certa del lavoratore).
Lo dice Stefano Fassina, il responsabile economia e lavoro del partito, uomo di fiducia di Bersani, spesso allineato sulle posizioni della Cgil: è l’esponente democratico che dà la linea la partito; e che ha spostato su una china più laburista la posizione ufficiale, la quale, ai tempi di Veltroni, era invece attestata sulle posizioni più liberiste del senatore Pietro Ichino, fautore di una riforme delle tutele del lavoro, articolo 18 compreso.
(Nella foto da sinistra: Alessandro Alfieri vicesegretario regionale del Pd, Stefano Fassina responsabile economia e lavoro nazionale, Daniele Marantelli deputato Pd)
Fassina è oggi a Varese (alle 21 terrà una comizio al Collegio De Filippi) e rivendica la sostanza laburista del suo pensiero. «Il partito non può avere un’identità astratta – ragiona – negli anni scorsi stava passando l’idea che essere democratico significasse non dover più avere rapporti con il lavoro e le sue organizzazioni. E’ il motivo per cui, in queste terre, tra gli operai, ha preso piede la Lega, anche se ha in realtà tradito le promesse».
L’esponente democratico, come dice il deputato Daniele Marantelli «non ha studiato a Cuba ma si è formato negli Stati Uniti, dove ha lavorato al fondo monetario internazionale». A Varese è venuto per parlare con sindacati e imprese. Ha discusso di Malpensa, dice che bisogna girare i territori per capire come stanno le cose, («i dati Istat parlano di ieri per capire l’oggi bisogna parlare con la gente»). In mattinata ha incontrato i sindacati: «Molto pragmatici e preparati». C’è la Confindustria ma anche le imprese medie e artigiane. Sui primi dice che in realtà non hanno chiesto con vigore la riforma dell’articolo 18 ma «certo, agli imprenditori se glielo proponi, mica ti dicono di no». E le imprese artigiane? «Non mi pare sia un loro problema».
Fassina è oggi il punto di riferimento di chi vuole che il Pd si distingua dal governo Monti.
Ha già definito gravi, sorprendenti ed estremiste le ultime dichiarazioni del premier, usando toni simili a quelli di Nichi Vendola. «La gente va protetta – spiega – mi sembra che il difetto di questo governo sia quello di avere una conoscenza troppo teorica e accademica dei problemi e un po’ svincolata dal vero mondo del lavoro. Aver creato una sorta di dualismo tra il mondo dei protetti e quello dei non protetti è un grave errore. E’ sbagliato attaccare i dipendenti pubblici perché sarebbero troppo protetti, va invece detto che sono i lavoratori dipendenti, con la perdita del potere di acquisto, ad aver pagato le riforme e le politiche degli ultimi anni».
«Anche nel mio partito alcuni hanno alimentato il sospetto che io fossi troppo appiattito sulle posizioni della Cgil – afferma ancora – ma semplicemente eravamo sulle stesse posizioni negli anni scorsi perché eravamo contro le politiche di Berlusconi. In ogni caso preferisco questo rischio a quello opposto. Il lavoro delle organizzazioni dei lavoratori è prezioso».
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