Ichino: “Un diritto del lavoro unico per tutti”
Il senatore del Pd ospite a Gallarate. «L'articolo 18? Si può modificare, altrimenti l'encefalogramma dell'Italia resterà piatto»
Lavoro, contratti, diritti. Per la seconda volta in una settimana il Partito Democratico riflette sul tema che più interessa tutti noi: il lavoro. Lunedì, a Varese, l’ha fatto con Stefano Fassina, responsabile economico del partito. Ieri, a Gallarate, con Pietro Ichino, senatore del Pd e primo firmatario di una proposta di riforma del mercato del lavoro che si discosta da quella ufficiale del partito. Sala piena alle Acli per la serata organizzata da Associazione Mazziniana, Circolo Garibaldi e Circolo L’Incontro.
Che cosa dice Ichino? Due i punti fondamentali che ha toccato nella serata gallaratese: articolo 18 e incontro domanda/offerta di lavoro soprattutto per chi resta in mobilità o disoccupazione. L’articolo 18 per Ichino va rivisto. «Deve restare invariato nella parte che riguarda i licenziamenti per discriminazione o rappresaglia – spiega -, ma il "motivo ecomico" non deve essere sottoposto a controllo giudiziario. Piuttosto pensiamo a introdurre un costo aziendale a carico dell’impresa come responsabilizzazione». Secondo il giuslavorista, deve venir meno in Italia l’idea per cui l’azienda può licenziare solo quando ha «i conti in rosso. La riorganizzazione per motivi economici va fatta prima che arrivi l’emergenza, non dopo». Attenzione però, il ragionamento non finisce qui: il lavoratore licenziato deve essere accompaganto nella ricerca di una nuova collocazione e in modo "intelligente". Alla "danese" insomma: il lavoratore perde il lavoro, riceve un sostegno al reddito, nel frattempo vengono analizzate le sue competenze, si trovano corsi di formazione per aggiornare gli skills e poi gli vengono offerte alcune opzioni. «Un percorso, questo, che in Italia non avviene anche se di posizioni vacanti proprio per mancanza di adeguate competenze ci sono».
E Ichino punta il dito anche contro l’uso della cassa integrazione (Cig), straordinaria e in deroga. «Non è possibile sostenere Cig a tempo indeterminato, addormentando così le politiche attive. E attenzione perchè in questo momento non c’è solo la possibilità di fare una riforma, ma c’è la necessita’ come non mai di attuarla. Il problena non e’ tenere il lavoratore legato all’azienda come avviene oggi, ma mettere in campo strumenti giusti per aiutarlo nella ricerca del lavoro». Il rischio che il Paese corre, altrimenti, secondo il senatore democratico è che «l’enecefalogramma del mercato del lavoro resti piatto».
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