Battarino: “A maggio tornerò a Varese”
Il magistrato, durante una pausa della «trasferta» calabrese, ha colto l'occasione del traguardo dei diecimila processi per raccontarsi
Se i calciatori contano i gol, i maratoneti i chilometri e i cantanti le canzoni che hanno inciso, perché un magistrato non puo’ contare i processi a cui ha preso parte? Giuseppe Battarino (foto a lato), giudice per le indagini preliminari del tribunale di Varese, attualmente “in missione” al tribunale di Paola in Calabria, nella sua carriera di pretore, pubblico ministero e gip ne ha contati ben diecimila, circa seicento l’anno. «Durante i processi avrò incontrato tra i 30 e i 40 mila cittadini». Una porta sull’umanità, uno sguardo sulle vite degli altri che non puo’ lasciare indifferenti. E così il magistrato, durante una pausa della «trasferta» calabrese, ha colto l’occasione di questo traguardo per raccontarsi di fronte al pubblico, intervenuto numeroso alla Palazzina della cultura di Daverio.
«Anche se al liceo lottavo per un 6 in matematica, questo è un calcolo preciso – ha detto Battarino – perché tiene conto delle relazioni del Csm (Consiglio superiore della magistratura ndr)».
Dall’Insubria a Paola, in provincia di Cosenza, c’è un’intera penisola da percorrere. Eppure c’è più vicinanza di quanto si immagini, nonostante la babele linguistica che scandisce la vita dalle Prealpi all’Aspromonte. E a ben guardare, le battute che si facevano alla pretura di Luino (quando c’erano ancora le preture) non sono poi così diverse da quelle che si fanno in un tribunale calabrese.
Alberto Tognola, sindaco di Daverio, nella sua introduzione parla della «banalità del male» e il male spesso si serve dei luoghi comuni che a Battarino non piacciono proprio. Così come non gli piace l’immagine di un sud allo scatafascio e perpetuamente inefficiente. «Rende, dove vivo, è una città universitaria a misura di studente – ha spiegato il magistrato – dove la vita dell’ateneo è perfettamente integrata con quella della città con una rete di infrastrutture di collegamento che funzionano».
Ciò che invece non funziona lo ha ben presente ed è per questo che si trova a lavorare in Calabria con un manipolo di «giudici ragazzini straordinari» e «un presidente di tribunale galantuomo» in un’area dove sono presenti 8 strutture criminali di primo livello. «Un giorno, un giovane collega da poco arrivato – ha raccontato il magistrato – mi ha chiesto dove fosse l’ndrangheta. Gli ho risposto indicandogli il cantiere della vicina A3 che era alle sue spalle».
La penetrazione nei territori del crimine organizzato non è più solo una questione di latitudine ma, secondo Battarino, è correlata «alla caduta della risposta giudiziaria che crea sempre un terreno favorevole per ampliare il malaffare». E la risposta giudiziaria dipende soprattutto dall’organizzazione dei vari uffici.
Scrivere per un magistrato fa parte del lavoro quotidiano: sentenze, requisitorie, ordinanze, decreti. Ma c’è anche chi decide di scrivere per raccontare il mondo o le vite possibili che ha intravisto dietro un interrogatorio, una foto segnaletica, uno sguardo in cerca di aiuto. Battarino ha al suo attivo due libri, un testo teatrale (Virginia) e alcuni racconti. Da uno di questi, ispirato al tema dell’immigrazione, è stato tratto lo spettacolo “Dagli occhi”, curato dalla regista Jane Bowie (foto a lato), organizzatrice della serata di Daverio, che sarà portato in scena dagli studenti della facoltà di giurisprudenza dell’Università dell’Insubria.
In Calabria doveva fermarsi solo sei mesi. Ad aprile, però, sarà già passato un anno. Alla domanda perché mai il tribunale di Varese si sia privato per tutto questo tempo di un magistrato di esperienza, Battarino risponde con un sorriso e una promessa: «A maggio tornerò».
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