Il governo ticinese chiede quote per gli immigrati
In una lettera il Consiglio di Stato chiede l'introduzione della "clausola di salvaguardia" che permette il contingentamento dei permessi di dimora
Il clima tra Italia e Canton Ticino torna a farsi rovente. Dopo la richiesta della Regione Lombardia al premier Monti, di indire un’azione legale contro la Svizzera per i danni dovuti ai ristorni non pagati, il vicino Cantone risponde appellandosi a tutele legali per il mercato del lavoro interno. Il Consiglio di Stato, il Governo del vicino cantone, ha oggi sottoscritto una lettera destinata alla Conferenza dei Governi cantonali chiedendo l’introduzione della cosidetta "clausola di salvaguardia". Nell’ambito degli accordi bilaterali questa previsione permette di introdurre un contingentamento nella gestione dei permessi di dimora, vale a dire quelli che riguardano gli immigrati e che vengono rilasciati a chi ha la nazionalità di un Paese estero e intende stabilirsi in Svizzera per esercitare un’attività lavorativa dipendente o autonoma o semplicemente per soggiornare.
Nella prima fase, l’esecutivo ticinese ha chiesto l’introduzione della clausola per gli Stati dell’UE-8 (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria), «senza escludere di pretendere una progressiva estensione anche agli stati dell’UE-25. Il Consiglio di Stato ritiene che si tratti di un giusto segnale politico all’attenzione del Consiglio federale e dell’Unione Europea, in quanto localmente la situazione denota distorsioni lesive del corretto funzionamento del mercato del lavoro interno. È convinzione del Governo che la clausola di salvaguardia e il suo utilizzo fossero stati appropriatamente sviluppati proprio a garanzia e tutela dei diritti dei cittadini e dei lavoratori indigeni. Il Consiglio di Stato ritiene quindi che, alle attuali condizioni, spetti al Governo federale l’adozione della specifica misura. Ritenuto in maniera particolare l’esito della votazione che ha visto i cittadini ticinesi respingere l’adozione degli accordi bilaterali, la posizione ticinese – pur con i limiti tecnici della clausola in questione – è finalizzata all’immediata protezione dell’economia cantonale dal crescente trasferimento di lavoro a cittadini dell’UE e dell’Italia in particolare».
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