L’ultimo discorso di Emma: “Da qui facciamo ripartire l’Italia della crescita”

La presidente di Confindustria rivendica le scelte e il dialogo autonomo con la politica. "Bisogna proseguire con le riforme, anche dopo questo governo"

L’ultimo discorso di Emma Marcegaglia da presidente, davanti alla platea di Confindustria: «Volevamo questo momento per discutere delle riforme di cui l’Italia ha bisogno. L’obiettivo era ed è quello di far ripartire l’Italia dopo tre decenni di rinvii. Per fare questo passo avanti occorreva dire che siamo solo all’inizio di un lungo percorso che sta davanti a noi. La crisi non è lo spread che è la febbre. La malattia italiana è la bassa crescita. Ora dobbiamo rifiutare la diagnosi sbagliata: non è l’euro o l’Europa. Non è nemmeno la globalizzazione. La crisi è dovuta all’impreparazione con cui ci siamo fatti trovare davanti ai cambiamenti. L’irrigidimemto e la corporativizzazione sono state le conseguenze. A questo si aggiunge la bassa efficienza della pubblica amministrazione. Scelta delle riforme è ineluttabile. Va riformata la finanza pubblica facendo crescere il Paese. Non si puó continuare ad alzare le tasse per fermare la spesa pubblica. Dopo l’emergenza le tasse dovranno cominciare a scendere mantenendo la spesa pubblica sotto controllo grazie ad una seria spending review e una pianificazione di tagli. Giusto continuare a combattere l’evasione fiscale e i soldi incassati devono servire ad abbassare le tasse per le imprese. In Italia la pressione ha toccato ormai il 60% nel complesso per chi paga tutto. Serve anche una seria semplificazione della burocrazia che sta creando grossi problemi agli imprenditori. Infine l’appello è per il ministro Passera: ci sono 100 miliardi di euro che il pubblico deve al privato. Sulla riforma dell’apparato pubblico questo governo puó fare di più. Le regioni in eccesso di debito tartassano e non cambiano gli uomini al comando, c’è qualcosa che non va.
Sulle liberalizzazioni pensiamo che siano un fatto molto importante. Il presidente Monti ha ragione ma non c’è dubbio che c’è stata una pressione delle corporazioni troppo forte. Il governo deve tirare dritto.
Riforma del mercato del lavoro non è solo una risposta all’Europa ma soprattutto all’Italia. Serve a ridurre il dualismo che penalizza giovani e donne. C’è una buona flessibilità e una cattiva flessibilità: non penalizziamo quella buona aumentando i costi e la burocrazia. Quella cattiva va abbattuta diminuendo gli ostacoli all’uscita dal lavoro portandoci in linea con il resto d’Europa, su questo punto non chiediamo nulla di più. Questa riforma rappresenta la reale capacità di cambiamento dell’Italia agli occhi del mondo. Confindustria è pronta a firmarla se sarà vera e profonda. Meglio non farla se sarà un compromesso al ribasso.
Tornando, infine, alle riforme rivolgo ancora un appello: non facciamo in modo che calata la paura dello spread tutto resti come prima. Come fare dopo questo governo a continuare su questa strada? La via delle riforme non puó durare poco ma servono almeno 5-10 anni di attenzione continua. Serve anche un cambiamento dell’opinione pubblica perchè non è sempre e solo colpa dei governanti ma anche dei tanti, troppi italiani che si sono riparati dietro scambi, promesse, favori, raccomandazioni. Serve, infine, una via europea alla crescita. Servono partiti che sappiano prendersi le proprie responsabilità di fronte ad impegni internazionali. Serve una continuità d’azione nei governi che si susseguono e non che quello che viene dopo cancella quello che è stato fatto prima. Serve che i parlamentari non siano più nominati e che la macchina pubblica non venga manovrata da consorterie, come stiamo vedendo in alcune regioni senza distinzione tra una parte politica e l’altra. Non crediamo serva un governo delle larghe intese ma prima della campagna elettorale le tre forze responsabili firmino un patto tra di loro per l’Italia prima di andare in campagna elettorale. Bisogna chiudere una pagina e aprirne un’altra. Non stiamo chiedendo troppo.
Confindustria è stata una voce importante per la realizzazione delle riforme come per l’università e le pensioni. Abbiamo lavorato per il dialogo con i sindacati ma c’è ancora molto da fare. Non ho invaso il campo della politica chiedendo le riforme e maggiore serietà alla politica, credo che non sia sbagliato dire che vogliamo un’Italia diversa per far tornare a crescere le nostre imprese. Non è stato un errore combattere le corporazioni. Crediamo in un paese sano. Come parti sociali possiamo non essere d’accordo con alcune riforme ma poi il governo deve decidere e le parti sociali non devono porre veti. Con noi è finita l’era della Confindustria che chiede aiuti e incentivi, è finita l’era degli imprenditori collusi dentro Confindustria».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Marzo 2012
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