La Chiaravalli chiede il dissequestro. “Posti di lavoro a rischio”

Approda in tribunale la vicenda della ditta di Cavaria accusata di voler evadere il fisco. Secondo i legali il provvedimento è una vera ingiustizia

La Chiaravalli, storica azienda di Cavaria con Premezzo posta sotto sequestro dopo una clamorosa operazione della guardia di finanza che contesta una condotta di evasione fraudolenta, ha presentato oggi al tribunale del riesame di Varese la richiesta di annullamento del sequestro preventivo di beni aziendali, decisa dal gip di Busto Arsizio su richiesta della procura della repubblica il mese scorso.
L’azienda, difesa dagli avvocati Stefano Bettinelli e Cesare Cicorella, sostiene che il sequestro sta nuocendo gravemente alla reputazione della ditta, che ha 300 dipendenti e che fattura nel suo complesso 60 milioni di euro l’anno; si è creata una situazione di pericolo soprattutto a causa dell’immagine della ditta tale da pregiudicarne la sua sopravvivenza anche con il ceto bancario. Gli avvocati sostengono che se il tribunale del riesame non riconsidererà il provedimento restrittivo c’è il rischio concreto che l’azienda porti i libri in tribunale.

I legali affermano che i beni tassabili non sono mai spariti dalla circolazione bensì sono stati intestati sempre a persone della stessa proprietà sotto nuove denominazioni.

L
a volontà di compiere un reato starebbe nell’addebito tributario ma l’azienda non avrebbe in realtà voluto sottrarre volontariamente al fisco del denaro; avrebbe solo cercato di riorganizzare la propria attività per la crisi, dividendo le attività in più settori e trasformando la Chiaravalli trasmissioni in una holding guidata dalla Chiaravalli group. .

Il sequestro dà ancora ai proprietari la facoltà di utilizzare i beni aziendali, ma sarebbe basato su una serie di cartelle esattoriali contestate dall’agenzia delle entrate che sono ancora sub judice, e che sono oggetto di procedimenti in parte già sospesi per decisioni che spettano alla commissione tributaria.

Gli avvocati sostengono che la ditta sia oggetto di una vera e propria ingiustizia anche perché i presunti beni sottratti al fisco sono di circa 7 milioni mentre ammonta a circa 20 milioni di euro la sanzione, una cifra che manderebbe in bancarotta quasi tutte le aziende della provincia di Varese. L’annullamento delle misure cautelari secondo gli avvocati consentirebbe alla ditta di respirare e tranquillizzare fornitori e banche salvo poi affrontare tutti i passaggi del contenzioso amministrativo e penale, che riguardano le presunte distrazioni di denaro alla tassazione ottenute con per effetto di quelle fusioni e alchimie societarie che secondo la procura, nascondevano intenti evasivi. Il collegio si è riservato la decisione. 
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Marzo 2012
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