Riforma del lavoro, le reazioni della politica

Maggioranza e opposizione, ecco il punto di vista dei partiti dopo il disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri

maurizio lupi«La riforma del lavoro messa a punto dal Governo può essere sicuramente migliorata in Parlamento. L’importante è non cercare un compromesso al ribasso solo per soddisfare le spinte conservatrici di chi mira solo difendere i propri interessi particolari». A sostenerlo è Maurizio Lupi, vice presidente Pdl alla Camera dei deputati che così commenta la riforma del lavoro presentata dal Governo. «Il nostro obiettivo – sottolinea Lupi – deve essere quello di creare più lavoro. Da questo punto di vista è ovvio che non possiamo retrocedere rispetto all’articolo 18, mentre possiamo sicuramente affrontare il tema dell’aumento dei costi del lavoro per piccole imprese, artigiani e commercianti. Allo stesso modo possiamo rivedere le norme che peggiorano il sistema della flessibilità in entrata».

enrico letta«Il Capo dello Stato ha dato indicazioni giuste fin dall’inizio, non fermiamoci soltanto alla discussione dell’articolo 18, che è un pezzo di questo provvedimento, che cambieremo con una bella discussione in Parlamento». Lo ha detto il vicesegretario del Partito democratico Enrico Letta a Firenze a margine dell’assemblea nazionale dei giovani imprenditori di Confartigianato commentando con i giornalisti l’appello di Napolitano. Dentro questo provvedimento – ha aggiunto Letta – «ci sono tante indicazioni positive importanti per tutti quei lavoratori che sono fuori da ogni tutela». Per quanto – ha proseguito – è un appello «condivisibile» e anche «un monito a quelle imprese che volessero infilarsi nelle maglie di questa discussione per usare malizie e furbizie». Il passaggio parlamentare – ha quindi osservato il vicesegretario del Pd – «farà chiarezza e renderà possibili soluzioni condivise che saranno apprezzate dai lavoratori attuali e soprattutto da quelli futuri». «In Parlamento – ha concluso – faremo un buon lavoro»

gianpaolo dozzoSulla centralità del Parlamento nella riforma si è espresso anche il presidente dei deputati della Lega Nord, Gianpaolo Dozzo: «Dalle dichiarazioni di autorevolissimi esponenti del Pd, a cominciare dal segretario Bersani, notiamo che finalmente anche loro si sono accorti dell’esistenza del Parlamento e della necessità che il governo la smetta di procedere a colpi di decreti legge e voti di fiducia. Non è più accettabile che le prerogative delle Camere e dei singoli parlamentari vengano costantemente svilite dall’esecutivo: è necessario, giusto e utile che il Parlamento possa pronunciarsi come meglio ritenga sulla riforma del lavoro che il governo si appresta a varare». «Per quanto riguarda la modifica dell’articolo 18 – aggiunge Dozzo – noi continuiamo a ritenere che si tratti solo di un falso problema. Ad ogni modo, se il governo vorrà modificare l’articolo 18, riteniamo che per equità debba essere previsto lo stesso trattamento fra lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato: qualunque modifica che non tenga conto di questo principio sarà giudicata da noi inaccettabile in quanto incostituzionale».

pierferdinandoScondo Pierferdinando Casini, leader dell’Udc «Sull’articolo 18 si sta facendo un’enfasi eccessiva». Casini è intervenuto a margine dell’assemblea nazionale dei giovani di Confartigianato. «C’è una riforma complessiva e importante del mercato del lavoro, che sicuramente migliora la situazione. L’articolo 18 è una piccola parte di questa riforma: c’è un’enfasi, una strumentalizzazione anche di recente su questo articolo 18 che rappresenta una piccola parte di una riforma complessiva». Secondo Casini, come ha sostenuto anche la Chiesa, «l’uomo non è una merce: e chi fa una riforma del lavoro come questa, che tende per esempio a trasformare i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, ritiene proprio questo, che l’uomo non sia una merce. Fa questa riforma a favore dell’uomo, delle persone». Ma tutta l’enfasi sull’articolo 18, ha ribadito il leader dell’Udc, «è una palese strumentalizzazione»

antonio di pietro«Monti pensi alla corruzione e non tocchi l’articolo 18»: è quanto scrive sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. «Ai tempi dell’inchiesta Mani Pulite, noi del pool avevamo semplicemente certificato che il sistema di Tangentopoli aveva indebitato l’Italia, rendendola non competitiva rispetto al resto del mondo e avevamo anche individuato il modo per risolvere il problema. Tutti – prosegue Di Pietro – ci ricordiamo la proposta fatta a Cernobbio, nel ’94. Ma, ancora oggi, basterebbe una norma che stabilisca che i condannati non possono essere candidati, che coloro che sono sotto processo non possono svolgere alcun incarico di governo e che l’imprenditore condannato non può partecipar alle gare pubbliche». «Se Monti avesse fatto una regoletta per cui tutte le imprese che non pagano le tasse, che hanno falsificato i bilanci o che hanno corrotto i pubblici ufficiali non possono partecipare alle gare pubbliche – sottolinea – tutti nel mondo avrebbero detto: ‘Possiamo gareggiare in Italià. Quello avrebbe fatto risorgere il nostro Paese, non togliere l’art. 18 per buttare via l’operaio».

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Pubblicato il 23 Marzo 2012
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