Vittorio Cosma: “Da Patti Smith a Finardi, la musica è il mio mestiere”

Nato a Comerio, ha lavorato con i "mostri sacri" della musica e all'ultimo festival di Sanremo ha diretto l'orchestra per i Marlene Kuntz. Ecco come si racconta

Vittorio CosmaLeggere il curriculum di Vittorio Cosma è un po’ come immergersi in una piccola enciclopedia della musica. Si parte dagli anni’80 con la PFM e si arriva all’ultimo festival di Sanremo. In mezzo ci sono collaborazione con artisti come Fiorella Mannoia, Eugenio Finardi, Pino Daniele, Teresa De Sio, Fabrizio De André, Marco Armani, Enrico Ruggeri, Ivano Fossati, Roberto Vecchioni, Elio e le Storie Tese, Mauro Pagani, per citarne alcuni. A questi vanno aggiunte le collaborazioni con le star internazionali come Stewart Copeland dei Police, Bjork, Miles Davis e così via. Senza dimenticare la composizioni di jungle pubblicitari, colonne sonore e i suoi progetti da musicista come l’ultimo, “Deproducers” che lo vede suonare con Casacci, Sinigallia e Maroccolo. In breve, Vittorio Cosma, classe 1965, nato a Comerio, è un pianista, compositore e produttore discografico.  

Un “ratatouille” di esperienze e arte che non è da tutti insomma, ma che viene raccontato con semplicità. Così come la sua ultima esperienza sul palcoscenico dell’Ariston come direttore d’orchestra dei Marlene Kuntz, «Vado al festival dagli anni’90 ed è sempre emozionante. Con il tempo ci si “impratichisce” ed è un po’ come tornare in famiglia. Ritrovi musicisti e produttori che conosci da sempre». Un’esperienza che quest’anno l’ha visto dirigere anche Patti Smith, «Emozionante. Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti “mostri sacri”, quelli che sognavi di incontrare da ragazzo. Con Patty Smith è stata una bella

collaborazione, lei è rimasta molto coinvolta dal nostro progetto. Ha fatto ore di prove con noi, mettendoci passione e diventando subito parte della band». E le altre star, quelle con cui ha lavorato, rimangono un piacevole ricordo del passato, «Lavorare con Peter Gabriel è stato un onore ma anche Stewart Copeland è un grande con cui continuo a fare progetti. È interessante guardare fuori dall’Italia pur rimanendo consapevoli delle proprie radici. Oggi il mondo è connesso ed ogni esperienza musicale è alla portata di tutti, il rock o il pop italiani attingono da ogni parte mentre una volta, negli anni ’60, la nostra musica attingeva per lo più dalle produzioni londinesi». Si parla quindi di “avanguardia” nella musica, di artisti capaci di fare qualcosa di nuovo, «Ce ne sono tanti e in vari ambiti. Penso ai Subsonica che possono portare a testa alta la loro musica all’estero, Paolo Conte per la suacapacità di rivisitare il jazz e attingere dalle nostre radici musicali o ai Calibro 35 per citare un gruppo più recente». E mentre il produttore e musicista racconta ci si chiede, ma come si fa a diventare “Vittorio Cosma”? «Io mi ritengo un addetto ai lavori, un artigiano di questo mestiere. Credo che l’importante è prendere tutto con grande umiltà, fare un passo dopo l’altro e raggiungere piccoli obiettivi. Essere curiosi e saper di dover imparare il linguaggio della musica senza saziarsi mai». Un modo di pensare che entra in contrasto con la grande macchina dei talent show e dei programmi televisivi. «É come vincere il biglietto della lotteria, capita raramente e non hai la percezione di cosa hai fatto per guadagnartelo. Credo che conquistarsi le piccole cose, giorno dopo giorno, sia un percorso artistico e personale che da maggiore soddisfazione e che sai dove ti può portare». E allora, come sta la musica italiana oggi, sempre più “stretta” dalle regole del marketing? «Io credo che stia bene. Bisogna solo capire di quale linguaggio si parla, se quello del marketing o dell’arte. Si tratta di rivedere le economie, le prospettive che si vogliono avere in questo mondo». E poi, si torna a parlare di artisti e “fratelli” musicisti. «Sono grato a tutti coloro con cui ho lavorato. Finardi è come un fratello maggiore per me, ha l’entusiasmo e la curiosità di un bambino e il talento di un grande artista. Penso che l’umanità in questo mestiere rimane un elemento fondamentale, la collaborazione è tra musicisti e non tra “tecnici” che si trovano a fare arte».

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Pubblicato il 07 Marzo 2012
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