L’apprendistato è il vero contratto unico

Per Confartigianato la riforma del mercato del lavoro poteva essere un'opportunità per le micro e piccole imprese. Ma nel disegno di legge del Governo Monti c’è troppo Stato, poca concertazione e uno squilibrio tra flessibilità in entrata e flessibilità in uscita

«Siccome tutti criticano la riforma, loro pensano che vada bene». Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato Varese e Lombardia, mette le mani avanti, perché sa benissimo che la riforma del lavoro così com’è non puo’ andare a genio a Fulvia Colombini, responsabile mercato del lavoro Cgil Lombardia. Tanto meno a un giuslavorista di razza – già allievo di Spagnuolo Vigorita – come Michele Tiraboschi e a un giornalista orgogliosamente “liberale” qual è Oscar Giannino.
Eppure la prima verità che scaturisce dall’incontro delle Ville Ponti, organizzato dall’Associazione artigiani di Varese è proprio ciò che Merletti teme: la riforma del lavoro del Governo Monti poteva essere un’opportunità per le piccole imprese (e anche per le medie e le grandi), invece scontenta tutti.
Nel mercato del lavoro immaginato dal governo c’è troppo Stato, poca concertazione e uno squilibrio tra flessibilità in entrata e flessibilità in uscita. Ma il vizio più grave della riforma del welfare, secondo Tiraboschi, è il fatto che esista una legge e non un contratto collettivo. «Il legislatore dà una risposta unica – spiega il giuslavorista – è sbaglia perché non puo’ fare tutto lui, va dato più spazio alle relazioni industriali, alla sussidiarietà per capire le logiche dei territori e delle aziende».
Il mondo delle imprese italiane è molto articolato e diversificato a seconda delle realtà dei distretti in cui operano, centralizzare tutto, dunque, puo‘ essere un errore. Anzi, per Merletti è un errore, e anche piuttosto grave. «Io la mattina – dice il presidente di Confartigianato – mi alzo e vorrei farmi le treccine ai capelli, ma non posso perché mi confronto con lo specchio e prendo atto della realtà. Il confronto tra questo governo e le imprese artigiane non c’è stato, eppure la concertazione funzionava bene e la pagavamo noi. La bilateralità ha dato i suoi frutti, come ha dimostrato la cassa integrazione in deroga».
Si sono fatti molti passi avanti sulle forme contrattuali, si è superata (per fortuna) l’idea del contratto unico e si è affermata l’idea che se un contratto unico deve esistere è proprio quello di apprendistato (tra l’altro molto usato nelle micro imprese), potente leva per far incontrare domanda e offerta di lavoro. In questa sua “nuova” funzione, però, rischia di essere frustrato perché mancano ancora i contratti collettivi e il 25 aprile scadono i termini. «In Lombardia – sottolinea Colombini – sono ancora troppo pochi: solo3, su 100 nuovi ingressi nel mondo del lavoro, sono apprendisti, per il resto si è preferito utilizzare i contratti a tempo determinato».
I dati presentati in apertura dell’incontro dal direttore di Confartigianato Varese, Mauro Colombo, dimostrano che la precarietà non è figlia della micro e piccola impresa: in provincia di Varese nel 2011 le assunzioni a tempo indeterminato sono state superiori al 70% , mentre il ricorso ai contratti a tempo determinato è più marcato nella grande impresa.
Colombini parla di «grande rischio» e di «grande incompiuta» per quanto riguarda il capitolo degli ammortizzatori sociali. Sul fronte della crescita, la sindacalista della Cgil strappa un applauso e un sorriso a Giannino quando definisce la riforma fiscale «la vera politica di sviluppo». 
Se il giuslavorista Marco Biagi aveva superato il concetto di concertazione, il governo Monti lo ha cancellato del tutto, procedendo «indipendentemente dal consenso». La realtà che vivono le imprese, schiacciate nella morsa della recessione e della pressione fiscale, sembra dunque distante dall’immagine che si sono fatti "i tecnici", così distante da rischiare «di rompere quella soglia psicologica che teneva la coesione sociale» sottolinea Giannino, riferendosi al preoccupante aumento dei suicidi tra imprenditori e lavoratori.  Riflessione che Merletti condivide non senza preoccupazione: «La sensazione è che si voglia abbandonare la pace sociale».

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Pubblicato il 18 Aprile 2012
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